28 aprile 2019  Seconda domenica di Pasqua

Mio Signore e mio Dio

 Abbiamo avuto quaranta giorni per prepararci alla Pasqua: Quaresima. E adesso abbiamo cinquanta giorni, cioè  il tempo di Pasqua fino a Pentecoste, per renderci conto di che cosa stiamo celebrando, cioè la Risurrezione del Signore. Oggi si conclude l’ottava di Pasqua: tutti questi otto giorni questa settimana abbiamo celebrato ogni giorno come se fosse la Pasqua. La liturgia prevedeva proprio questo. Talmente la gioia è grande che si festeggia per tutto questo tempo.

E noi vediamo però che i discepoli sono chiusi! E certe volte quando guardiamo le nostre comunità cristiane non vi sembra di vedere la stessa cosa? Vi ricordo che Gesù Cristo è risorto duemila anni fa! Invece ci rendiamo conto che tante volte i nostri gruppi, le nostre comunità, un po’ come questi discepoli, sono chiuse: ce lo dice il Vangelo: a porte chiuse. E Gesù risorto entra. E che cosa dice ai discepoli? Li manda in missione: andate in pace! “Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi”. Cioè il Signore entra in quella stanza chiusa e sta dicendo a loro: andate, raccontate quello che è successo, come il Padre mi ha mandato anch’io mando voi!

Quel giorno Tommaso non c’era. E Tommaso non crede, non in Gesù, non crede nella testimonianza degli apostoli! Un po’ come chi è fuori  – o forse è dentro, non so – e non crede; ma non per causa di Gesù, per causa nostra, che forse non sappiamo annunciare. Tommaso non crede nell’annuncio dei discepoli! E questo ci fa riflettere. Forse anche noi siamo un po’ come questi discepoli, facciamo fatica  ad annunciare. Forse siamo chiusi dentro e quindi non usciamo mai a raccontare. Forse usciamo, ma non siamo bravi a raccontare perché la nostra vita non racconta Cristo. Non tanto a parole, ma la nostra vita, il nostro esempio di vita non tocca l’altro.

Tommaso dice: io se non tocco, non credo. Gesù torna otto giorni dopo, di nuovo i discepoli sono chiusi e lui entra a porte chiuse. Vedete come sono duri e testardi come noi. E si presenta a lui, a Tommaso. Non si sa se Tommaso tocca o non tocca, ormai ha il Signore davanti e gli dice solo poche parole: “Mio Signore e mio Dio!”. Il più bel  credo che abbiamo, la più bella professione di fede che ci possa essere: Mio Signore e mio Dio! E in questo modo dice due cose importanti: riconosce Gesù come Figlio di Dio: il Signore, il mio Dio. Ma la cosa più bella e più impostante è questa: Tommaso dice: mio, il mio Signore. Non perché è proprietà sua, ma perché si sente che appartiene a lui, appartiene a Cristo!

E ciascuno di noi è chiamato a un certo momento della sua vita a far suo il credo. Perché altrimenti siamo dei farisei, rispondiamo solo a delle regole, siamo cristiani solo perché facciamo le cose che ci dicono di fare. A me questo non interessa! Non è nel mio compito di pastore avere un’armata di gente che mi dice amen ogni volta che parlo e basta. Quando Tommaso dice “Mio Signore e mio Dio”, ha fatto sua questa fede.

Questi bambini del catechismo i primi anni imparano sulla vita di Gesù, ma nell’adolescenza speriamo che mettano un po’ in crisi la loro fede e che i loro educatori li aiutino a metterla in crisi. Come papa Francesco che alcune settimane fa è andato a visitare una parrocchia e, quando una educatrice gli ha parlato delle difficoltà, delle crisi, lui ha detto: ben venga, c’è bisogno di mettere in crisi la propria fede, perché a un certo momento la devo recuperare io, non mi deve essere data, la devo ricercare. Devo capire le ragioni della mia fede. E’ importantissimo questo! Importantissimo farsi delle domande e cercare le risposte!

Questi bambini che oggi saranno battezzati, non è che dopo il Battesimo: ecco finito, sono cristiani, ormai vanno avanti da soli e li ritorneremo alla prima Comunione, poi al matrimonio; li ritroveremo tutte le domeniche a messa quando inizieranno a camminare… Non è così, lo sappiamo. Infatti abbiamo fatto una domanda: se i genitori e i padrini sentivano questa responsabilità. Quale responsabilità? Lo vedremo anche nei segni che riceveranno: di aiutare questo bambini a crescere nella fede.

E aiutare questi bambini a crescere nella fede non significa: devi imparare a memoria il Credo,i Comandamenti eccetera. Certo che è importante saperli, perché se non li sai non sai niente della fede. Ma non è questo l’essenziale della nostra fede. L’essenziale sarà accompagnare questa famiglia e questi bambini nella loro crescita per capire qual è il senso di questa vita. Per noi cristiani il senso è quello che Cristo ci dice:”Io sono la via, la verità, la vita”. Allora nella nostra vita noi siamo alla ricerca di questo: qual è la mia felicità? Da dove vengo? Dove vado? Qual è la verità? Ce n’è una di verità? Sono tutte domande che ciascuno di noi nella sua crescita si deve fare!

Ed è importante che noi cristiani siamo i primi a farle!- – Perché qua siamo nella generazione della televisione: oh…! Non ci facciamo nessuna domanda, ah…! Prendiamo, prendiamo, prendiamo, poi siamo stanchi, andiamo a dormire e riprende la vita così, oh…! E’ così! Sapete come funziona la pubblicità? Vi ripetono sempre la stessa cosa, lo stesso concetto; poi ti metti lì, devo cercare un’assicurazione: facile punto it! Perché? Perché è stato ripetuto cinquanta volte. Perché noi prendiamo i messaggi così, uno dopo l’altro. Certe volte è buono fermarsi a farci qualche domanda.

Allora i genitori e i padrini sono chiamati a questo: aiutare i bambini nella crescita, a farsi delle domande e aiutarli a rispondere a queste domande. Perché quello che celebrano è una vita nuova: la vita in Cristo, quella che stiamo celebrando attraverso la Pasqua. Cristo è risorto per noi e ci chiama, chiama ciascuno di noi a risorgere, cioè a essere liberi da tutto quello che ci schiavizza, che è tanto a ben vedere.

Allora questo è l’invito che noi facciamo. E come comunità, come grande famiglia dobbiamo essere qua per accompagnare in questo cammino questi bambini; e i genitori e i padrini che sono i primi testimoni della fede. Sono loro le responsabilità.  Però è meraviglioso far crescere qualcuno! Non imporre qualcosa. Gesù non impone niente. Gesù presenta. Così dobbiamo fare noi con i nostri bambini.

Allora pensiamoci bene perché tra poco vi farò di nuovo la domanda se siete pronti a questo compito grande. Però noi, come parrocchia, come comunità, come famiglia siamo qui anche per accompagnare, in primis con la preghiera che faremo subito, ma anche dopo, con la nostra vita comunitaria dobbiamo essere a fianco delle nostre famiglie. Amen

28 aprile 2019  Seconda domenica di Pasqua
Omelia di Don Stefano Cascio
Trascrizione di Maddalena Kemeny

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