9 maggio 2021 Sesta domenica di Pasqua

Porta frutto solo chi si lascia amare da lui

Ci siamo lasciati domenica scorsa con l’immagine della vite e dei tralci. Ricordate: il Signore ci chiedeva di essere uniti a lui; e che non possiamo far niente senza di lui! La linfa vitale non poteva passare senza essere uniti a lui.

Questa domenica, ancora una volta, il Signore ci invita a rimanere. Stavolta ci dice di rimanere nel suo amore. E allora cerchiamo di capire che cosa significa questo invito.

Vedete, c’è  una frase molto  importante in questo brano che abbiamo letto: “Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché  andiate e portate frutto e il vostro frutto rimanga”.

Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi”. Questa è forse una delle frasi fondamentali per descrivere cosa voglia dire essere discepoli. Noi, tutto quello che viviamo e quello che facciamo, non lo facciamo per avere un posto in  Paradiso. Noi non stiamo facendo qualcosa, come anche incontrarci oggi qui, per essere sicuri di guadagnare un posticino lassù, per essere bravi, per essere dei buoni cristiani. Essere cristiano significa capire che sono amato dal Signore! Al di là  di tutto! Infatti  sono sempre e sarò sempre immeritevole di quell’amore grandioso,  immenso che il Signore  ha per me. Niente di quello che potrò  fare potrà  valere quell’amore! Noi siamo amati, da sempre, fin dal grembo materno, senza alcun merito.

Se ci pensiamo, anche in una famiglia è  così. Un uomo  e una donna  che si incontrano  e che si amano per dieci, venti, trenta, cinquanta, settanta anni, dovrebbero avere dentro di sé lo stesso sentimento: quello di non meritate  l’amore  dell’altro e  di considerare l’altro sempre come un dono. Perché  se noi pensiamo invece di valere molto, è così  che poi si sfasciano le famiglie, perché  entra dentro il rapporto il proprio orgoglio.

Ma torniamo al fatto di essere discepoli. Il Signore  ti ama, al di là di tutto. E tu, è  questo amore che ti devi giocare. È  questo amore che ti permette di vivere l’amore.  È  perché  ti senti amato che vuoi vivere quell’amore e lo vuoi condividere con gli altri. Capite allora che non è mai vero affermare che faccio una cosa perché  così  sono un bravo cristiano, ma: sono un bravo cristiano perché  mi sento amato! La nostra storia, la nostra conversione, il nostro cammino è  riscoprire l’amore di Dio per noi.  Cosa è  venuto a fare Gesù  sulla terra, se non per parlarci di Dio? E ci presenta Dio come un Padre, ci dice  che noi siamo figli. Quindi ci sta dicendo che siamo  amati! Siamo amati come dei figli!

Ricordare: Gesù ci dice che noi non siamo dei servi, ma che siamo amici. L’amicizia è  tra due persone  libere, che si danno l’una all’altra.  Si donano non perché costretti, quella non sarebbe  amicizia. Quindi al centro della  nostra domenica, oggi, al centro  della vita cristiana, al centro del discepolato, c’è  l’amore! Un amore  ricevuto, prima di tutto,  di cui la sorgente è  Dio, e un amore donato,  che noi siamo chiamati a  vivere con gli altri; un amore che sono chiamato a condividere, perché non lo posso tenere per me.

Come il Padre  ha amato me, anch’io  ho amato voi. Rimanete nel mio amore”. Ecco il comandamento del Signore.  Come l’altra volta ci ha detto di rimanere come i tralci uniti alla vite, così  questa volta ci chiede di nuovo di rimanere nel suo amore.

Un marito alla sua moglie  può  dire venti volte “ti amo ti amo ti amo”, ma se poi le è  infedele, che amore è?  È la stessa cosa per noi: possiamo riempirci la bocca di: “Signore, Signore, Signore!”, ma poi come dimostriamo  questo nostro amore? Perché  l’amore  è  sempre qualcosa che ha bisogno di essere vissuto, non può  essere solo fatto di idee o di parole, ma si concretizza sempre, e allora bisogna che sia messa in pratica quella parola che il Signore  ci ha lasciato. È  lì il punto.

Carissimi, ci dice san Giovanni, amiamoci gli uni gli altri, perché  l’amore  è  da Dio. Chiunque ama è  stato generato da Dio e conosce Dio”. È  molto semplice: oggi, questa domenica, riassume tutto il Vangelo in una frase: essere amati e amare.  Questo è  l’invito  che il Signore  ci fa. Perché, come l’altra volta, alla fine del Vangelo ci viene detto che dobbiamo portare frutto! A questo siamo chiamati: a portare frutto. Attenti ad avere una comunità sterile, attenti a essere dei cristiani  sterili, che non portano frutto, che quindi non sono abitati dall’amore di Dio, che non sono una sola cosa con il Signore. Se vogliamo portare frutti e che questi frutti rimangano, dobbiamo  vivere questo amore che abbiamo ricevuto.

Chiediamo allora al Signore di aprire questo nostro cuore; e di mettere da parte il nostro orgoglio, perché facciamo certe volte  fatica a lasciarci amare da lui, e questa è  una cosa  incredibile!  Chiediamo al Signore veramente di aprire cuore e mente  alla sua presenza e al suo amore. Amen

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