
Abbiamo ascoltato, questa mattina, la storia che ci racconta Gesù, del ricco epulone e del povero Lazzaro. Il ricco non ha un nome, il povero sì, si chiama Lazzaro, come l’amico di Gesù. Lazzaro ha un nome, ha un volto, è amato, non dagli uomini, ma da Dio. Il ricco invece non ha né volto, né nome, e quindi potrebbe essere ciascuno di noi qui oggi. Sì, noi siamo ricchi , non tanto di soldi, ma di tutte le grazie che il Signore ci ha dato nel battesimo: siamo ricchi di quell’amore, che abbiamo ricevuto, ma di cui tante volte non ce ne rendiamo conto. Il dramma del ricco è che non ha vissuto la ricchezza che aveva, per fare del bene, non si è mai reso conto del povero Lazzaro, che mangiava le poche cose che cadevano dalla sua tavola. Anche noi rischiamo la stessa cosa: abbiamo ricevuto dal Signore, nel nostro cuore, ricchezze, grazie, perdono, gioia, ma se non ci rendiamo conto di queste meraviglie, di questo tesoro che abbiamo ricevuto e soprattutto se non ci giochiamo quest’amore con gli altri, se non abbiamo quella generosità che dovrebbe essere del cristiano, che non tiene l’amore per sè, ma lo vive, se non riusciamo a seguire l’esempio del Signore, che ha dato la vita per noi e che ci invita a dare la vita per gli altri, se non riusciamo a fare questo, rischiamo di essere proprio come quel ricco, pieni di doni, che però non vengono dati o distribuiti agli altri.
Vedete, nella seconda lettura, quella di San Paolo, ci viene detto:” Tu uomo di Dio, tendi alla giustizia, alla pietà, alla fede, alla carità, alla pazienza, alla mitezza.” Sappiamo quanto ciascuno di noi è chiamato a vivere tutto questo e quanto sia difficile. Infatti, subito dopo si legge:” combatti la buona battaglia della fede, cerca di raggiungere la vita eterna, alla quale sei stato chiamato.”
La nostra vita è una battaglia, una battaglia contro noi stessi, contro l’uomo vecchio che vuole prendere sempre il posto, contro questo egoismo invadente che abbiamo, contro questa voglia di metterci sempre al centro della nostra esistenza. La vita di fede è una battaglia, però una buona battaglia, dove non si usano le armi, né la violenza, ma è una battaglia per uscire da noi stessi, per non rinchiuderci in noi. È una battaglia per andare verso l’altro, per amare, per vivere l’amore che il Signore ci ha insegnato.
Oggi davanti a noi ci sono Rosella e Gianni, che sono qua elegantissimi, per festeggiare i 25 anni del loro matrimonio.
È stata anche per loro una battaglia. Guardate Gianni: ha perso tutti i suoi capelli! Non scherzo quando dico che il matrimonio è una battaglia!
Vivere insieme non è facile, costituire una famiglia non è facile, educare dei figli non è facile, Ma è la buona battaglia, è quello che permette di costruire il bene. La famiglia è una palestra straordinaria, perché è un luogo in cui sono obbligato a darmi all’altro, a stare attento all’altro, a pensare all’altro, a educarlo.
La famiglia è un luogo essenziale della nostra società. Se c’è egoismo, la famiglia muore, e la coppia non può funzionare. Io gareggio per il bene dell’altro, io voglio il bene dell’altro ed è quello che questi sposi hanno voluto venticinque anni fa: hanno detto davanti all’altare, che la loro vita, come anche la loro vocazione cristiana, non può essere vissuta senza l’altro.
Voi sapete che come cristiani siamo chiamati alla vita eterna e lo abbiamo sentito anche in questa ultima parola. L’obiettivo nostro è combattere la buona battaglia e raggiungere la vita eterna. La mia vocazione, la vocazione cristiana di ognuno, è la santità. Ma in una coppia, in una famiglia, la santità non si vive da soli, si vive in due.
Io rispondo alla mia vocazione con l’altro. Ecco, noi celebriamo oggi anche questo: celebriamo il fatto che attraverso questa coppia noi capiamo che cosa significhi la buona battaglia. Il loro esempio, dopo venticinque anni, ci ricorda quanto sia bello donarsi, quanto sia bello fondare una famiglia, quanto sia bello camminare in questo modo.
Li ringraziamo anche per aver perso tutti i capelli, in questa bella battaglia.
Oggi preghiamo per loro, come vogliamo pregare per tutte le nostre famiglie, perché non è facile, non lo è mai stato e non lo è ,forse ,ancora di più, adesso, fare famiglia. La comunità è una grande famiglia, che si aiuta, che si sostiene a vicenda e vogliamo gioire, pregare, festeggiare con loro.
Ma vogliamo anche pregare per le tante altre famiglie che con difficoltà lottano, per tutti quelli che desidererebbero formare una famiglia, per quelli che hanno perso il compagno o la compagna della loro vita. Però non lo vogliamo fare con le lacrime, ma con la gioia di sentirci tutti insieme. La vita cristiana è questa: una vita insieme, dove camminiamo, sostenendoci l’uno con l’altro. È quello che il Signore ha voluto, formando questa famiglia che è la Chiesa.
E’ bello che questi sposi, oggi, abbiano desiderato celebrare in mezzo a noi il loro venticinquesimo. Insieme a loro gioiamo per tutti i doni che il Signore ci ha donato e gli chiediamo di dar loro la forza di continuare a vivere questo amore, questa grazia, questa misericordia, che hanno usato durante tutti questi anni.
Chiediamo infine la forza di aprire il nostro cuore ai tanti “Lazzari” che incontriamo sul nostro cammino, che hanno bisogno di noi e che tante volte sono per noi invisibili. Sono loro che un giorno che ci accoglieranno in Cielo. Ricordiamocelo. Amen.
