3 settembre 2017 XXII Domenica del tempo ordinario

Ecco una bella parola per ricominciare l’anno, una parola che ci dà felicità: rinnegare se stessi, prendere la propria croce e seguirlo, insomma, cominciamo bene, il Signore ci mette subito nelle condizioni di capire qual è la direzione che dobbiamo prendere dopo le nostre vacanze.

Perché dobbiamo seguire il Signore?

Perché dovrei rinnegare me stesso? Perché dovrei prendere una croce, perché dovrei fare tutto questo?

Ognuno di noi cerca la felicità.

Questo è l’obiettivo della nostra vita, noi siamo dei cercatori di felicità e pensiamo che la possiamo trovare in Cristo.

E’ il motivo, è il perché siamo qui stamattina. Spero che non siate qui perché siete obbligati a venire la domenica a messa, perché la porta è aperta, potete andare via. Noi non siamo persone che vengono qui per rispettare delle regole, questo tipo di perone qua non mi interessano, non interessano alla Chiesa. Questo non è avere fede, questo è avere paura di un obbligo.

Noi siamo qui per un altro motivo, siamo qui perché vogliamo incontrare Cristo, e lo vogliamo incontrare perché pensiamo che Lui ci possa dare la felicità.

Ora, il Signore dice: “Rinnega te stesso e prendi la tua croce.”

Questa frase, rinnegare se stessi, sembra pericoloso, sentiamo che tra i giovani ci sono tanti suicidi in questa società, ma rinnegare se stessi non significa questo, non significa annullarsi, non significa che i doni che hai avuto, la ricchezza che sei, a questo punto la devi ritirate, non è questo.

Rinnegare se stessi vuol dire non mettersi al centro delle attenzioni, non incentrare tutto su se stessi, in poche parole, rinnegare se stessi significa essere liberi, non essere presi da se stessi, essere liberi.

Quando sarò libero, sarò libero di seguire il Signore.

Allora il Signore ci dice: “Quando vi mettete a seguirmi, dovete iniziare a portare la vostra croce”.

Eccola là, dove sta la gioia se devo iniziare a portare una croce? Sappiamo tutti che cosa significa portare una croce, l’abbiamo sentito il venerdì santo, lo vediamo nella via crucis che abbiamo qui in Chiesa, sappiamo cosa significa il dolore che comporta.

Ma la croce, per Dio, che cos’è? Perché noi abbiamo questa croce qua? (indica il grande crocifisso dietro l’altare)

La croce è simbolo dell’amore, della follia di Dio che si dona per l’uomo.

Allora prendere la propria croce significa vivere l’amore. L’amore certe volte fa soffrire. Basta che chiedo ai genitori se con i figli è sempre rose e fiori, se non hanno anche dei momenti di grande sofferenza, con i figli. L’amore fa anche soffrire.

Allora il Signore cosa ci dice, oggi?

Se volete seguirmi, se volete la felicità, intanto siate liberi, liberatevi di tutto, di tutto quello che vi incatena, liberatevi. E quando sarete liberi potrete seguirmi, e come seguirmi? Seguitemi con l’amore, con il donarvi. Poiché siete liberi potete donarvi, poiché siete liberi vi potete amare.

E amare certe volte costa anche fatica, amare costa. Ma sappiamo che amare è anche felicità, se uno non ama non sarà mai felice.

E tutto questo ci porta a cosa? Alla vera vita.

Se sei libero e se sai amare, sei una persona viva. Questo è quello che Cristo ci propone.

L’ha proposto ai suoi discepoli e adesso lo propone a noi.

E noi vogliamo cominciare quest’anno nuovo, quest’anno pastorale, con queste due parole: libertà e amore.

Se la nostra assemblea, se la nostra comunità sa essere una comunità libera e che sa amare, allora questa è una vera famiglia.

Chiediamo al Signore di accompagnarci in questo cammino non facile, ciascuno di noi sa cosa significa la difficoltà di essere liberi. Siamo tutti incatenati da tante cose.

La vera libertà, non quella che ci propone il mondo, che sappiamo che sono tutti poveretti e schiavi, la vera libertà di cui noi abbiamo così tanto bisogno. Chiediamo al Signore di aiutarci a scoprirla, e poi che ci aiuti ad amare.

Che questa comunità sia libera e sia amante.

Amen

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