24 settembre 2017 XXV Domenica del tempo ordinario

“I miei pensieri non sono i vostri pensieri, le vostre vie non sono le mie vie”. Questo è quello che il Signore ci dice nella prima lettura.

E quanto è vero.

Dopo duemila anni di cristianesimo continuiamo sempre con lo stesso modo di pensare, da sempre: “Ho fatto questo, e vale questo; sono stato buono, andrò in Paradiso; sono stato cattivo, andrò all’inferno. Quello… mmm quello di sicuro va all’inferno. Quella? No, quella dice il rosario tutti i giorni, di sicuro andrà in Paradiso”.

Questo è il nostro modo di pensare da duemila anni, forse anche di più, da duemila anni da quando c’è Cristo, ma anche i nostri cari ebrei credono così.

Ecco, invece: “I miei pensieri non sono i vostri pensieri, le vostre vie non sono le mie vie”.

Infatti il Signore, con una parabola, ci spiega cos’è la misericordia di Dio.

Degli operai che arrivano all’alba o arrivano la sera, vengono pagati lo stesso compenso.

E’ giusto?

Ma il Signore va oltre la giustizia. A Lui non piace la matematica, uno più uno fa due, non gli interessa questo. Perché Dio cerca il bene della persona.

Qual è l’obiettivo del Signore? Qual è l’obiettivo di un cristiano?

E’ la conversione, è cambiare il cuore.

Cosa voglio di più per i miei figli? Che possano seguire il Signore.

Ma che questo avvenga un minuto prima di morire o dieci anni prima, l’importante è che a un certo momento ci sia questa conversione.

Vi siete mai chiesti perché la Chiesa non ha mai detto: “Questo è all’inferno, quello è in Paradiso”? Di chi è in Paradiso sì, l’ha detto, ma non ha mai detto: “Quella persona è all’inferno”

Perché non lo può dire, perché non lo sa.

Se c’è stata una conversione all’ultimo minuto…

Capite che l’importante è cambiare il vostro cuore?

Pensate ai vostri figli: una mamma, un papà, qualsiasi cosa farà il figlio, lo perdonerà sempre, ma cercherà anche di farlo cambiare, vorrà aiutarlo in questo cambiamento.

Dio fa la stessa cosa con noi: Dio non è qua per condannare, ma per salvare. Ed è quello che anche noi siamo chiamati a fare come cristiani. Non siamo qui per giudicare e condannare, siamo qui per aiutare e per salvare.

E questi bambini che vengono per il battesimo, che saranno battezzati stamattina, saranno battezzati in questa fede qua.

Non entrano nei buoni o nei cattivi, non è questo che ci interessa, ma entrano nella nuova vita con Cristo. E questa nuova vita dovrebbe cambiare il tuo modo di pensare e il modo di vivere. Il tuo cuore cambia.

Ora noi qua facciamo fatica, ancora. Lo dicevo, dopo duemila anni di cristianesimo ancora siamo con una visione di giustizia matematica: uno più uno fa due.

Noi siamo chiamati alla conversione.

Allora non vuol dire che adesso io faccio quello che mi pare, tanto poi alla fine mi convertirò. Dipende dal modo in cui voglio vivere.

A cosa sono chiamato? Ogni uomo è chiamato a seguire il Signore.

Ce l’abbiamo dentro questo bisogno di assoluto, questo bisogno di vera liberà, questo bisogno di vero amore, questo bisogno di vero bene.

Però spesso ci perdiamo, perché è difficile, ma noi dobbiamo sentire quello che ci chiama. La cosa più profonda che abbiamo dentro, la dobbiamo far uscire fuori, e allora capiremo che il cammino è molto diverso, e questo ci cambierà la visione della vita.

Per questi figli è stato scelto un orizzonte: nel momento del matrimonio i genitori hanno detto che avrebbero, in futuro, educato i loro figli nelle vie di Cristo.

Ma vedete, educare non è mandarli al catechismo, pensando che così impareranno una bella morale. Bisogna dare un’educazione che cambia la visione delle cose. Quando sentiamo che gli ultimi saranno i primi e i primi gli ultimi, è tutto il contrario di quello che sempre la società ha fatto. Come tendenza succede sempre che il più forte deve schiacciare il più debole.

La visione di Cristo è diversa: tutti hanno una dignità.

Allora, per questi bambini non stiamo facendo solo un rito di accoglienza e basta, oggi. Ecco perché la Chiesa, più volte, durante il rito del battesimo, vi chiede: “Siete sicuri? Avete capito le vostre responsabilità? Prendete questo impegno?”

Perché voi oggi dite: “Sì, vogliamo educare nostro figlio in questa via qua, con questo orizzonte”. E tutte le decisioni che noi prendiamo le prendiamo verso quell’orizzonte lì. Non ci perdiamo, perché sappiamo dove andiamo.

Quello che fate è una cosa importantissima.

Il bambino, una volta diventato grande prenderà le sue decisioni. Ma come voi avete scelto il suo nome, il modo di educare, forse la scuola, più tardi, avete scelto anche un orizzonte ben preciso perché voi stessi vivete la vita con questo orizzonte davanti. E la nostra comunità, la Chiesa, è una grande famiglia, e deve sostenervi in questo compito. E quindi noi saremo sempre qui, con le nostre preghiere, perché la comunità deve pregare per i suoi nuovi figli, ma soprattutto per quello di cui questo bambino e voi avrete bisogno durante questo percorso. Noi ci saremo, contate su di noi, e noi vogliamo contare su di voi, perché i genitori sono i primi catechisti dei figli.

Amen.

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