26 aprile 2020 Terza domenica di Pasqua

Il presente del futuro  


Due discepoli stanno camminando. Due discepoli delusi.
Due discepoli tristi.

Im questo cammino, fatto di delusione, si mette a camminare con loro Gesù. Gesù  prende il loro passo, Gesù  cammina con loro, alla loro velocità. Gesù  spesso fa questo con noi; e spesso noi non lo riconosciamo. Gesù sta nella nostra vita, e noi siamo chiusi nel nostro dolore. Perché  tante volte è così, noi ci rinchiudiamo nei nostri problemi, nei nostri dolori. Diventiamo, quasi, questi dolori e questi problemi. Ci identifichiamo in questi dolori e in questi problemi. È  triste, ma è così.

Gesù  si mette accanto a loro a camminare. Parla con loro. Fa delle domande. Noi sappiamo cheuno dei due discepoli è  Cleopa. E l’altro? Anche se non sappiamo il nome, potrebbe essere ciascuno di noi; in cammino, forse deluso. Tanti di noi hanno forse camminato lontano dalla Chiesa, un po’  come questi discepoli che prendono la strada contraria, stanno andando via, stanno lasciando. L’ho detto tante volte e lo ripeto, noi amiamo il sepolcro, amiamo sapere che Gesù  è  lì, sta lì,  che gli posso portare il mio fiore.  Noi amiamo la croce, noi amiamo piangere, noi facciamo fatica a credere a Gesù risorto: perché  vuol dire che va oltre i tuoi schemi, perché  ti sorprende. Tu ami definire bene le cose, tu ami pianificare. Oggi si pianifica tutto, anche i bambini. Noi amiamo pianificare, mettere a posto tutto. Ma Gesù  non è  così. Credetelo, Gesù  non è  così.

Dunque, Gesù  cammina su questa via, cammina nella nostra vita, accanto a noi. E quando Gesù  si fa vicino e tu lo senti, allora hai voglia di dire, come i discepoli: “Resta con noi, Signore. Ormai si fa sera”. Ormai si fa buio nella mia vita e ho bisogno di una luce.

I discepoli riconoscono Gesù dallo spezzare il pane. Gesù  si fa riconoscere dai suoi discepoli ogni volta così, attraverso un segno. Anche oggi Gesù  si fa riconoscere, non solo nel pane e nel vino, ma nei sacramenti. Il sacramento è  rendere visibile qualcosa di invisibile. Gesù si fa vicino attraverso la sua parola: i discepoli, quando lo riconoscono e poi sparisce, dicono: “Ci ardeva il cuore alle sue parole”. Quanto tempo fa la parola di Dio ci ha fatto ardere il cuore? Da quanto tempo non è  più  così? Qual è  stata la parola che ci ha mosso un giorno nella nostra vita, che forse ci ha fatto cambiare rotta? IlSignoreè  presente. E la messa è: rivivere un po’  questo episodio di Emmaus. Prima le Scritture e poi il pane e il vino. Prima la sua parola e poi il corpo e il sangue. Anche noi siamo chiamati ogni volta a riscoprire questo Cristo che si fa vicino a noi.

C’è  una parola terribile in questo Vangelo. È  l’unica volta che viene usata, ed è la speranza, la parola speranza. Però  qui, da questi discepoli, è  detta al passato: “speravamo”. È  una  cosa  terribile. La speranza è  sempre qualcosa  di futuri,  non qualcosa  di passato.  Ho letto una definizione molto bella della speranza: è  il presente del futuro. Così  dev’essere la speranza.  Questi discepoli invece ne parlano al passato, “Noi speravamo che ci avrebbe liberati”.         Cristo  non può  essere così.

Cristo invece ci porta una speranza: il presente del futuro. I discepoli, questi due discepoli, quando viene riacceso in loro il fuoco della sua parola, quando viene riaccesa in loro la vista attraverso il riconoscimento di Cristo nel segno dello spezzare il pane, tornano a Gerusalemme e trovano riuniti lì  gli apostoli. Trovano riunita lì  la Chiesa. Tu quando incontri Cristo non puoi vivere lontano dalla comunità, dalla Chiesa, da questa grande famiglia. Quando Cristo  ti chiama, ti chiama a vivere la fede in lui in una grande famiglia, con i tuoi fratelli. La fede non si vive da soli. La fede si vive in compagnia. Siamo compagni di viaggio, l’uno con l’altro, compagni di cammino, l’uno con l’altro.  La fede non si può  vivere  lontano  dai fratelli. E questi uomini, questi due uomini  che erano disillusi, tristi, si mettono a testimoniare Cristo risorto, subito! Devono tornare senza indugio.

Ecco la nostra chiamata di oggi: anche oggi siamo chiamati a testimoniare.  E se non riusciamo a testimoniare, se ci viene difficile, se non testimoniamo che Cristo è  risorto,  significa che non l’abbiamo incontrato. Perché  questo  incontro con Cristo  ci porta all’annuncio, ci porta alla testimonianza.

Tante volte la nostra comunità  non testimonia. Molti di noi non annunciano. E questo è  un brutto segno. Forse Cristo  non è  risorto per loro, forse  sono rimasti  al venerdì  santo, stanno ancora lì  a piangere su loro stessi; forse non hanno ancora incontrato Cristo che è  venuto a liberarci, il Cristo vivo!

Se non l’hai incontrato, cercalo, ascolta la sua parola! Vieni a incontrarlo nello spezzare il pane!

Cristo è  risorto  e ti ha liberato. Via dal suo sepolcro, dalla sua croce. Cristo è  vivo e ti chiama a testimoniarlo. Amen

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