30 aprile 2017 – Terza Domenica di Pasqua

Letture del giorno (At 2,14.22-33 / Sal 15 / 1Pt 1,17-21 / Lc 24,13-35)

Eccoci in cammino con questi discepoli, di cui uno conosciamo il nome, Cleopa e dell’altro no, e potremmo quindi metterci nei panni di quest’altro discepolo.
Siamo in cammino, non vicino a Gerusalemme, ma al contrario andando in un’altra direzione. Gerusalemme era il punto focale, era lì dove tutte le speranze andavano: Gesù doveva liberare Israele e questi discepoli ci credevano veramente. E Gesù li portava a Gerusalemme per questo ultimo momento, doveva sedersi sul trono, doveva essere il trono glorioso, doveva essere il nuovo re di Israele, doveva essere quello che, dopo il grande re Davide, avrebbe cambiato la sorte del mondo.
Cristo è morto, condannato su una croce.
Gli hanno sputato addosso, l’hanno insultato.
Pensate ai discepoli in quel momento: il loro grande re, quell’uomo che doveva essere il salvatore del mondo, si ritrova inchiodato su una croce come un malfattore.
E questi uomini, tristi, arrabbiati forse, si dice che stavano discutendo tra loro, vanno via.
Ma su questa via un uomo si mette a camminare con loro.
Era un forestiero, infatti alla fine gli dicono: “Ma sei forestiero per non sapere quello che è successo a Gerusalemme in questi giorni?”
E gli dicono: “Ecco, Gesù il Nazareno, su cui avevamo messo tutte le nostre aspirazioni, è stato ucciso su una croce. Ma siamo un po’ in agitazione perché delle donne sono andate lì e hanno trovato la tomba vuota, e non capiamo più niente di quello che sta succedendo”.
E Gesù, che loro non riconoscono, inizia a spiegare, attraverso le scritture, che cosa i profeti dicono di lui.
Gesù cerca di toccare prima di tutto la ragione. E questo è il nostro problema: noi facciamo fatica a credere perché la fede deve passare per il nostro cervello. Finché noi qui (si sfiora la fronte) non capiamo niente, non accettiamo la fede. Deve passare qua, deve essere ragionata la nostra fede, deve passare dal nostro cervello. E Gesù lo sa, inizia proprio da lì, comincia proprio parlando a loro di quello che dice la scrittura su di lui.
E sapete quando noi lo facciamo questo, ragazzi? Lo facciamo proprio adesso. Avete visto cosa abbiamo fatto, adesso? Abbiamo letto la prima lettura, il salmo, la seconda lettura e il Vangelo. E cosa fa il sacerdote adesso, in questo punto della messa che si chiama “liturgia della parola”? Il sacerdote spiega le scritture, proprio come Gesù ha fatto lungo il cammino con i discepoli di Emmaus.
Allora siamo su questa via, anche noi facciamo fatica a credere, anche per noi è difficile e certe volte, quando abbiamo un progetto nella mente e non va come noi avevamo pensato, giriamo le spalle, come questi discepoli che da Gerusalemme vanno via, verso il villaggio che si chiama Emmaus. Hanno girato le spalle a tutto quello che erano le loro speranze. Il loro progetto di vita è cambiato, se ne vanno.
Gesù spiega le scritture.
Poi arrivano a Emmaus e Gesù fa finta di andar via, e loro dicono: “No, rimani con noi, si fa sera, vieni a mangiare qualcosa con noi”.
E vanno in una taverna, in un ristorante, si siedono, e Gesù prende il pane e il vino, fa la benedizione e allora lo riconoscono.
Ma cosa è successo tra il camminare con lui e il momento della tavola?
Come è possibile che questi discepoli prima non lo potevano riconoscere e dopo sì?
Qualcosa è cambiato, perché Gesù ha toccato la mente, ma toccare la ragione non basta, non basta per credere. A un certo momento loro dicono: “Sentivamo che ci ardeva il cuore”.
Gesù tocca anche i sentimenti, Per credere non ho bisogno solo della ragione, ho bisogno anche di essere toccato dentro, ho bisogno di sentire qualcosa.
E Gesù tocca il cuore di questi uomini, ma anche quello non basta. Per credere ci vuole anche qualcosa di più. Gesù tocca anche la cosa più profonda che hanno: la memoria. Nel momento in cui sta per fare la benedizione del pane e del vino, la fractio panis, loro si ricordano l’ultima cena, e appare loro il Gesù che avevano lasciato.
E anche noi, bambini, facciamo la stessa cosa: dopo aver spiegato le scritture veniamo qui e consacriamo il pane e il vino, che diventano il corpo e il sangue di Cristo, e anche noi lo riconosciamo in quel pane e in quel vino.
Siamo chiamati allora tutti a fare il cammino di questi discepoli, perché sapete cosa succede dopo? Tornano subito a Gerusalemme, anche se fa sera. Senza indugio, dice la scrittura, subito tornano. Il loro progetto di vita lo ritrovano, si convertono, cambiano rotta.
E anche noi siamo chiamati a questo.
Abbiamo festeggiato Pasqua, abbiamo festeggiato la resurrezione del Signore, ma cosa è cambiato nella nostra vita? Ci siamo lasciati toccare? Abbiamo ragionato? Decidiamo di seguire Cristo, di cambiare rotta? O vogliamo rimanere sempre lì, fermi, al sabato santo, con Cristo nel sepolcro?
Vogliamo credere all’annuncio della resurrezione? A questi testimoni che ci dicono: “E’ risorto! L’abbiamo visto!”
O vogliamo rimanere lì, nella nostra piccola vita orizzontale, umanamente limitata, in cui seguo solo i miei piccoli progetti e non guardo mai oltre?
Mi lascio toccare da questo Cristo che cammina accanto a me, o, come tante volte, non lo vedo, non lo sento?
Quante volte Gesù ha camminato accanto a noi come a questi discepoli, e noi non ci siamo resi conto della sua presenza.
E’ in questa fede che noi oggi chiediamo il battesimo per questi due bambini, ed è in questa fede che i loro genitori e i loro padrini dovranno educarli e accompagnarli, portarli.
Ma vedete, educare un bambino non significa solo mandarlo a catechismo. Educare un bambino vuol dire mostrargli un esempio, con le parole, con la vita di tutti i giorni, con le scelte che farete, perché ogni scelta che facciamo è un “sì” o è un “no” a Dio, o vivo con Dio o vivo senza Dio, non c’è via di mezzo. E ogni scelta che faccio va in una direzione o un’altra, allora io devo avere chiaro qual è l’orizzonte della mia vita: Emmaus o Gerusalemme.
I discepoli, dopo aver riconosciuto Gesù, tornano a Gerusalemme.
Qual è il vostro orizzonte? Emmaus o Gerusalemme?
Dovrete nella vostra vita avere chiaro qual è il vostro orizzonte perché altrimenti non si cresce un bambino: si fa vivere giorno dopo giorno così, come tanti genitori fanno ormai nella nostra società, perché non hanno un obiettivo, non hanno un punto focale, non sanno dove vanno.
Ed è il problema di tutto il nostro sistema educativo, quante volte noi stiamo lì a lamentarci della scuola! Ma forse la scuola ha perso anche lei l’orizzonte, dove vuole andare, cosa vuole toccare nei nostri figli, a che cosa li vuole educare?
Tutta la nostra società sta perdendo la direzione. Ma voi che avete chiesto il battesimo dovete avere chiaro qual è l’obiettivo, il punto focale della vostra educazione e della vita di questi bambini.
Quanto a voi, ragazze, oggi fate una scelta, vi mettete a servizio della nostra comunità parrocchiale, è importante, è bello che delle ragazze così giovani si mettano a servizio di Dio e della sua chiesa. (Si rivolge a 6 bambine che durante la celebrazione faranno la vestizione dell’Ostiaria, una figura che aveva il compito di aprire e chiudere le porte della chiesa e di custodirla, suonare le campane e presentare ai celebranti i libri liturgici aperti. Queste bambine, rispondendo alla chiamata di Maria, si mettono oggi a servizio della comunità per svolgere alcuni compiti particolari durante le celebrazioni).
Che possa essere di esempio per ciascuno di voi, perché la comunità parrocchiale non può vivere senza il servizio di qualcuno. Tutto quello che facciamo qui è volontariato. Non crediate che le catechiste nascono dalle rose, escono fuori, io le coltivo, le vado a prendere e poi, siamo assicurati di avere sempre delle catechiste. Non è così.
Non è che nei cavolfiori trovo i chierichetti o gli educatori dell’oratorio, non è che quelli che quelli che formano ai battesimi e ai matrimoni si trovano così.
Tutti ci dobbiamo mettere in cammino e proporci per aiutare questa comunità a crescere. Questi bambini ci danno l’esempio, ma la cosa principale che ciascuno di noi deve fare è di prendere il cammino.
Come i discepoli di Emmaus ci dobbiamo far toccare la ragione e il cuore da Cristo che cammina accanto a noi.
Allora preghiamo per questi bambini, preghiamo per queste ragazze, preghiamo per la nostra comunità, perché sempre di più possa portare frutto, prima di tutto nel nostro cuore, e poi nella comunità intera.
Amen

Omelia del 30 aprile 2017 in formato pdf

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