07 maggio 2017 – IV Domenica di Pasqua

Letture del giorno (At 2,14.36-41 / Sal 22 / Pt 2,20-25 / Gv 10,1-10)

Siamo un popolo di chiamati. Siete stati chiamati con i vostri nomi, che i vostri genitori alla vostra nascita vi hanno dato.
E avete sentito il Vangelo cosa ci dice?
Ci dice che il Buon Pastore è quello che conosce le sue pecore e che conosce i loro nomi, una per una.
Voi siete conosciuti da Dio, amati da Dio, e il giorno del vostro battesimo è stato ripetuto il vostro nome: “Io ti battezzo, Pietro, Giacomo, Giovanni, Francesca, Clotilde, io ti battezzo nel nome del Padre, e del Figlio, e dello Spirito Santo”.
Quel giorno avete ricevuto il vostro nome anche davanti a Dio.
Siamo un popolo di chiamati. Ma a che cosa siamo chiamati? Qual è il senso della nostra vita?
Ce lo dice il Vangelo: è molto semplice nella vita, basta ascoltare la parola di Dio.
Il Vangelo cosa ci dice oggi? Ci dice che il Buon Pastore, che conosce le sue pecore, e sa il loro nome, apre la porta e le porta fuori.
Non le porta dentro il recinto, le porta fuori.
Il recinto è il luogo della sicurezza, ma potrebbe essere anche il luogo della chiusura. E noi siamo forti a fare i muri, a chiuderci. Papa Francesco in questi anni torna a dire sempre: “Abbattiamo i muri, facciamo i ponti”.
Perché l’uomo, naturalmente, spesso, si rinchiude, perché pensa di potersi proteggere così. E certe volte anche i genitori hanno tendenza a proteggere così tanto i loro figli che questi non respirano più, stanno così, col fiato sospeso.
Siamo troppo chiusi.
Il Buon Pastore, il buon educatore è quello che rende autonomo il bambino, il futuro adulto.
E il Signore con noi fa la stessa cosa. Noi forse abbiamo l’immagine di una Chiesa che chiude, ma non è così, Gesù è venuto a darci la libertà, è questo che è venuto a fare.
Avete ascoltato l’ultima frase del Vangelo?
Gesù ci dice: “Io sono venuto perché abbiano la vita, e l’abbiano in abbondanza”.
Non una vita così, non una vita minima, non un sopravvivere, ma una vita in abbondanza.
E la vita in abbondanza non significa avere tanti soldi, avere successo, essere conosciuti, non è questo che dà la vita in abbondanza.
Allora cosa significa vivere in abbondanza?
Significa vivere in verità e in libertà, ed è questo che Gesù è venuto a insegnare agli uomini.
Quando io dò la mia vita non voglio tenere niente per me. Io mi do agli altri, e lo faccio pienamente, come sono io.
Il Signore non si è mostrato un superuomo, era un uomo come gli altri, fino alla morte. Però quello che diceva, lo faceva.
Ed è questo che noi dobbiamo insegnare ai nostri figli, non possiamo dire una cosa e farne un’altra. E siamo diventati fortissimi, per non renderci conto che la nostra vita non è vera. Tanti sono gli esempi in cui obblighiamo i nostri figli a fare qualcosa ma poi noi ci comportiamo in maniera completamente diversa.
Il Signore è venuto a chiamare questi bambini (si celebrano le Prime Comunioni di un gruppo di bambini della parrocchia) per portarli verso la libertà, tirarci fuori da tutto quello che ci schiavizza, e il peccato è una di queste cose.
Tutte le volte che io mi rinchiudo, tutte le volte che io penso a me, tutte le volte che voglio schiacciare l’altro, sono solo schiavo di me stesso, non riesco a vivere per gli altri, non riesco più a trovare questi pascoli d’erba e di libertà che il Signore mi vuole dare.
Allora questi bambini, oggi, sono accompagnati dai loro genitori, li vediamo dietro, perché il giorno del loro battesimo i genitori avevano detto che li avrebbero accompagnati nella fede. L’hanno fatto iscrivendoli al catechismo, ma non basta, perché i veri catechisti sono loro. E oggi li accompagnano a questo incontro bellissimo tra le pecore e il Pastore, tra loro e Gesù.
E’ un momento forte, questo, per la prima volta avranno un contatto fisico con Gesù. Si nutriranno di quello di cui noi abbiamo bisogno, del cibo dell’anima. Nella nostra vita passiamo tanto tempo a studiare, a lavorare, a fare sport, ma ci scordiamo spesso l’anima, che è così necessaria.
E’ così importante la parte spirituale dell’uomo, e lo vediamo oggi, nel mondo che si sta perdendo perché ha messo da parte la cosa più importante che aveva. L’uomo ha bisogno di respirare su entrambe le cose: non può vivere senza lo spirito come non può vivere senza il fisico. L’uno e l’altro vanno insieme.
Questi bambini riceveranno oggi il cibo per l’anima, e oggi li accompagnate. Perché noi cosa vogliamo dare a questi bambini? Quello che il Signore ci ha promesso: la vita in abbondanza. Non perdiamoci in tante parole, è questo che vogliamo dare ai nostri figli: la parte migliore.
Preghiamo per loro, questa mattina. Ricordiamoci soprattutto che dobbiamo continuare a sostenerli e accompagnarli. Il cammino non finisce qui, il cammino procede. Fino alla fine della nostra vita abbiamo questo bel cammino davanti. Un cammino certo, perché il Signore ce l’ha indicato, basta seguirlo. Non è facile, non sto parlando di un cammino facile, è in salita, però lo sapete benissimo, l’avete vissuto anche voi, le cose più belle richiedono sforzo, richiedono sacrificio, ma sono le cose più belle.
Formare una famiglia non è facile, ma è bello. Amare, vivere l’amore è la cosa più bella che possiamo fare.
Chiediamo allora al Signore di accompagnare questi bambini e anche le loro famiglie: che possano sempre sentire la chiamata del Buon Pastore, che li ha chiamati come questa mattina, e che questi bambini, ciascuno di loro, possa un giorno rispondere con quella parola che hanno detto oggi: “Eccomi”.

Amen

Omelia del 7 maggio 2017 in formato pdf

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