18 aprile 2019 Cena del Signore

Tabernacoli viventi

Siamo nel cuore dell’anno liturgico. Inizia con questa celebrazione il triduo pasquale. La liturgia, come avevo iniziato a dire domenica, rallenta. Seguiremo passo per passo gli ultimi momenti, gli ultimi istanti di vita del nostro Signore. E questa sera la liturgia, con la parola e con i gesti è molto evocativa. Ci sarebbero poche parole da aggiungere perché mi sembra che tutto è molto chiaro.

La prima lettura nel libro dell’Esodo ci ricorda che in quell’ultima notte, in quell’ultima cena Gesù celebra con i suoi discepoli la Pasqua degli Ebrei. La Pasqua significa il passaggio: quel passaggio dalla schiavitù

dall’Egitto alla libertà d’Israele.

In quella notte il Maestro prende il pane e il vino, come abbiamo sentito nella seconda lettura. Ma prima di sedersi a tavola lava i piedi dei suoi discepoli. Pietro non vuole perché erano gli schiavi, erano i servi che dovevano pulire i piedi dei padroni. E Gesù lo fa capire bene a loro, dice: “Voi mi chiamate il Maestro e il Signore, e dite bene, perché lo sono; ma vi ho pulito i piedi: proprio per mostrarvi che dovete fare la stessa cosa l’uno all’altro”.

Dopodichè si siedono a tavola. E in quella notte Gesù dice: “Fate questo in memoria di me”. Prende il pane e dice:”Questo è il mio corpo”. Prende il vino e dice: ”Questo è il mio sangue”. Istituisce l’Eucaristia. Istituisce il sacerdozio, perché l’uno non può andare senza l’altro.

Ed è per questo che questa mattina tutti i sacerdoti erano riuniti a san Pietro attorno al vescovo, il papa Francesco, per celebrare quella che chiamiamo la messa crismale, dove i sacerdoti rinnovano le loro promesse sacerdotali. E dove viene consacrato l’olio, che poi viene distribuito in tutte le chiese. Poi noi l’abbiamo messo vicino al fonte battesimale, nella custodia, la custodia dell’olio santo.

Il Signore quella notte, l’ho detto, istituisce l’Eucaristia, cioè il corpo di Cristo. Ma il corpo, lo sappiamo, siete anche voi, siamo noi. Il corpo di Cristo è anche la comunità. E quindi noi questa sera celebriamo due cose molto forti: l’Eucaristia, questo Dio che si fa così piccolo, che si fa così umile, che si fa presente nel pane e nel vino che ciascuno di noi può ricevere; e si fa presente come corpo nella comunità dei credenti: la Chiesa. E noi celebriamo questa sera questi due momenti forti: l’Eucaristia e la comunità.

Oggi siamo radunati attorno all’altare dove ogni domenica, o ogni giorno per chi viene quotidianamente, viene celebrato quello che il Signore ci ha chiesto di fare: memoriale. E’ lui a chiederlo. Non è la Chiesa che impone una regola, è proprio Gesù che ce lo chiede! Quando uno dice: credo in Gesù, ma in chiesa non ci vengo mai, a messa non ci vengo mai, allora in che cosa credi? Perché se credi nella parola del Signore e il Signore ti dice proprio questo: “Fate questo in memoria di  me”. E allora oggi, forse ancor più fortemente tocchiamo questa realtà del pane e del vino che diventano corpo e sangue di Cristo. Questo grande miracolo!

Domenica c’era tanta gente qui in chiesa perché davamo il rametto di ulivo benedetto. Ma come vi ho detto alla fine della messa: ogni domenica, ogni giorno diamo un tesoro più grande, che è il corpo e il sangue di Cristo. E quarte volte noi ci avviciniamo a questo altare senza renderci conto del dono grande che il Signore ci fa! Quante volte non ci rendiamo conto che Dio sta entrando nel nostro proprio corpo! Quante volte non ci rendiamo conto che uscendo da questa chiesa noi siamo dei tabernacoli viventi, che portiamo Cristo agli altri! Ogni volta che facciamo la Comunione, ogni volta che riceviamo Cristo, egli entra nella nostra vita e noi ci facciamo portatori di Cristo; a questo mondo! Che meraviglia! Ma che responsabilità! Che meraviglia e che responsabilità! Siamo chiamati cristiani perché Cristo è con noi! Perché lo portiamo! E oggi solennemente ce ne dobbiamo rendere conto che lo celebriamo. Cristo è con noi.

E allora arrivo al secondo punto: che cos’è che ci unisce, qui, in questa assemblea? Alcuni, certo, hanno la mamma, il papà, il fratello, la sorellina e quindi sono uniti dal sangue, ecco, come questi due fratelli meravigliosi che si vogliono tanto bene, bravi! Però c’è molta gente che sta vicino e non si conosce, che non ha nessun legame di famiglia. Allora che cosa vi unisce, tra di voi, qua, in questa assemblea, in questa comunità? Lui! E’ Cristo! E’ l’Eucaristia che ci raduna in questa chiesa! E’ l’Eucaristia che ci fa figli e fratelli, è l’Eucaristia che ci unisce.

Ed è per questo che l’Eucaristia è al centro della vita della nostra parrocchia. Ecco perché per tutta la giornata viene adorata. Ecco perché è la prima azione che abbiamo voluto, la prima azione pastorale che abbiamo messo nella nostra parrocchia. Ecco perché quella cappella diventa un faro nel nostro quartiere. E’ l’Eucaristia, cari amici, che ci raduna. Ecco perché le nostre assemblee devono essere vive! Ecco per5ché ci dovremmo salutare, ci dovremmo sorridere! Ecco perché  dovremmo chiederci l’uno all’altro se possiamo pregare l’uno per l’altro. Avevamo iniziato a fare così, ma poi ce ne siamo un po’ dimenticati: di salutare la persona vicina all’inizio della celebrazione e chiedere se aveva un’intenzione di preghiera: così noi pregavamo l’uno per l’altro nelle nostre assemblee. E credo che questo lo dobbiamo rimettere in funzione, ricordarcelo, per spingerci a questo: a vivere la comunità radunata intorno a Cristo.

Finché le nostre comunità non saranno vive… E vivo significa cantare, rispondere. Certe volta quando vi dico, soprattutto ai Battesimi, che mi fate un amen basso e vi dico più forte, con più convinzione! Perché quando diciamo amen, diciamo: io ci credo, così sia! Attraverso tutte le risposte che voi date, partecipate alla liturgia, vivete con noi. Perché se no questa è una bella rappresentazione in cui i preti sono degli attori che fanno un bello spettacolo d la liturgia un bellissimo copione e una bella scenografia… Ma questo non è far memoriale, questo non è celebrare la messa. E’ la comunità che si raduna e celebra insieme.

Allora oggi viene festeggiata l’Eucaristia e la comunità: il corpo di Cristo tutto! Prendiamo coscienza delle nostre responsabilità e della nostra dignità. E chiediamo al Signore di accompagnare questa comunità sempre di più. Ciascuno di noi deve avere lì il cuore. Il segno di unità che è stato fatto richiede che sia vissuto in tutti gli ambiti della nostra vita, anche quando siamo seduti lì, sui banchi della chiesa.

Allora chiediamo di poter iniziare questo triduo tutti insieme. Insieme, come comunità, accompagnamo Cristo nella sua morte e nella sua Resurrezione. Amen

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