9 febbraio 2020 Quinta domenica del tempo ordinario

Sale e luce: non fare il bene, ma voler bene

Il nostro cammino continua con il Vangelo di Matteo. Questo brano è  dopo il discorso della montagna, quello delle Beatitudini. E dice una cosa bellissima oggi. A ciascuno di noi il Signore dice: “Tu sei il sale della terra e la luce del mondo”.

Cerchiamo allora di capire che cosa significa.

Intanto si tratta di due elementi della vita all’epoca di Gesù. Forse oggi li consideriamo meno importanti. All’epoca di Gesù non c’era il frigorifero e a quei tempi era con il sale che si potevano conservare gli alimenti. E riguardo alla luce, non era come adesso, che spingi un bottone e si accende la luce. Ci dovevano essere le candele la notte, perché se no non vedevi niente. Noi siamo talmente abituati che non ci rendiamo conto di che cosa significa. Quando sono stato in Pakistan, che non c’era la luce la sera, ti rendevi conto della differenza. È  un’altra vita.

Allora, noi cristiani siamo chiamati a essere sale della terra e luce del mondo. Non significa che dobbiamo essere sale per noi stessi: sale della terra! Non significa che dobbiamo essere luce, così: luce del mondo! Perché  dico questo? Perché  sapete che il Vangelo, durante la celebrazione della messa, si legge sempre in riferimento  anche alla prima lettura. Cioè  la Chiesa ci aiuta a capire come leggere quel Vangelo attraverso la prima lettura.

E avete ascoltato cosa diceva la prima lettura: “Se toglierai di mezzo a te l’oppressione, il puntare il dito e il parlare empio, se aprirai il tuo cuore all’affamato, se sazierai l’afflitto di cuore, allora brillerà tra le tenebre la tua luce”. “Non consiste forse il digiuno che voglio nel dividere il pane con l’affamato, nell’introdurre in casa i miseri senza tetto, nel vestire uno che vedi nudo – senza trascurare i tuoi parenti? Allora la tua luce sorgerà  come aurora”.

Vedete, voi non avete iscritto i vostri figli al catechismo per farli diventare dei buoni ragazzi. Noi non veniamo in chiesa per essere buoni e bravi. C’è  una suora che dice: noi non siamo chiamati a fare il bene, ma a voler bene. Non so se capiamo la differenza. Il bene  che faccio, lo faccio perché mi sento figlio di Dio. Lo faccio perché  mi sento amato. Lo faccio perché  sento di avere  sulle spalle la fiducia di Dio in me. Allora do fiducia, allora do amore: perché  mi sento amato. E questo amore che ricevo, che ho dentro il mio cuore, lo voglio condividere con gli altri. Non lo faccio per  essere bravo, non lo faccio per essere un buon  ragazzo, ma lo faccio perché sono amato e non posso fare altro che amare: questo è l’essere cristiano.

Allora non iscriviamo i nostri ragazzi per farli diventare bravi e buoni, perché  al catechismo non impariamo come essere un bravo ragazzo: impariamo a incontrare Cristo, se lui c’è. La comunità  è  il luogo d’incontro con Cristo! O così  dovrebbe essere. E se non lo è, significa che dobbiamo camminare ancora come comunità! Perché  qui si dovrebbe incontrare Cristo, qui lo dovrei toccare, qui dovrei capire e vedere che chi abita e vive in questa comunità  porta luce e sapore a questo mondo. Se non è  così, significa che non siamo abitati da Cristo. Significa che non siamo toccati da lui, significa che non sta dando senso alla mia vita. E allora la mia vita è  insipida è spenta. Non ha sapore e non ha luce.

Guardiamoci attorno, e questa la vita che c’è: piena di superficialità, tante luci così di questo mondo, come le luci di Sanremo, ma  poi? Cosa rimane di bello? Insipida è spenta. È questa la luce, la vita che ci prospetta il Signore?

Allora siamo chiamati a voler bene, non a fare il bene. Non siamo dei piccoli soldatini di Cristo che fanno le cose bene, così  poi vanno in paradiso, non è  questo! È  qui dentro, nel cuore, è  la passione per Cristo che dobbiamo sentire. E solo così  ci metteremo al servizio suo è quindi del più debole, di chi ha bisogno, di chi ha bisogno di amore. Così  diventeremo sale e luce.

Apriamo questo cuore alla sua Parola e ai suoi sacramenti. È  lui che ci deve lavorare, formare. Lasciamoci formare. L’uomo ha questo problema dell’orgoglio che gli impedisce di lasciarsi formare da Dio. Lasciamoci toccare. Abituiamo i nostri figli a essere in ascolto del Signore. E questo significa portarli davanti all’Eucaristia, significa farli ascoltare la sua Parola. Solo formando il nostro  cuore  attraverso la sua Parola, attraverso i sacramenti, potremo incontralo. E solo incontrando Cristo che io sarò  sale e luce, nient’altro.  

Noi non siamo una scuola, non impariamo niente se pensiamo che qui sia una scuola, no. Qui è  un incontro. Ed è  questo incontro  che io devo fare.  È  così che cambierò  il mondo. Amen 

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