13 marzo 2022 seconda domenica di Quaresima

Mettersi in ascolto

In questo inizio di Quaresima,  la Chiesa ci parla della Trasfigurazione.  Ed è sempre  così la seconda domenica: forse per farci capire a cosa  siamo chiamati, perché in quel giorno Pietro, Giovanni e Giacomo vedono la gloria di Dio, attraverso Gesù trasfigurato. È  l’obiettivo che la Chiesa ci mette all’inizio del nostro  cammino quaresimale! Questo perché noi abbiamo bisogno di capire dove stiamo andando: quindi abbiamo questo momento forte della Trasfigurazione.

Ma questo Vangelo ci racconta  anche qual è il nostro cammino.  “Gesù prese con sé Pietro Giovanni e Giacomo  e salì sul monte a pregare”. Nella prima lettura abbiamo sentito che Dio prende e “porta fuori” Abramo: la prima cosa, se noi cerchiamo il contatto con Dio, è  allontanarci in certo modo dalla nostra vita quotidiana, elevarci un po’.  Il Signore  la prima cosa che fa è  portare quei tre sul monte a pregare. Anche noi, in questa nostra parrocchia,  abbiamo un “monte”: non è  il terreno di  basket che abbiamo su, non è  il campetto  di sopra, ma è  questa cappella: la cappella dell’adorazione. Lì  abbiamo uno spazio per poter pregare, per poter allontanarci dalla nostra vita quotidiana; lì abbiamo un luogo dove possiamo rimanere a pregare.  Allora, la prima cosa che il Signore ci insegna attraverso questo Vangelo, è  sapere

 alcune volte isolarsi, andare oltre a quella nostra vita di tutti i giorni.

Mentre pregava, il suo volto cambiò d’aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante”. Era trasfigurato.

Non so voi,  ma credo  che ciascuno di noi,  una volta  nella sua vita o diverse volte, abbia visto qualcuno con il volto trasfigurato, forse non esattamente come è  scritto in questo brano del Vangelo, ma persone con un volto particolare l’abbiamo visto.  Io, per esempio, accanto al mio letto ho la foto della mia nonna che mi tiene in  braccio alla mia nascita. Ho una nonna di  centosei anni che non muore mai,  ma ho un’altra nonna che sta in cielo ed è  questa la nonna che ho sul mio comodino. Se io  guardo il suo volto, è  un volto orgoglioso, bello, felice di tenere in  braccio questo bambino che è nato da poco. E quanto è  bello il volto di una mamma, di un papà  quando  per la prima volta vedono il loro bambino; o quanto è bello quando sono orgogliosi dei loro figli, per tale o tal’altro morivo!

Abbiamo anche incontrato delle persone con un volto dolce: gli occhi, il sorriso, semplicemente perché sono persone di preghiera, di pace;  e senti che hanno qualcosa dentro di diverso. Ecco,  questi sino i volti trasfigurati.

Allora  quel giorno i discepoli si ritrovano davanti a Gesù. Ma ciascuno di noi è  chiamato ad avere un volto trasfigurato. Ciascuno di noi è  chiamato, dopo l’incontro con Cristo, ad avere questo volto di pace, di gioia.

Con Gesù appaiono Mosè ed Elia: la legge e i profeti. E “parlano del suo esodo, che stava per compiersi a Gerusalemme”. Infatti, se il Signore ci sta dicendo che noi in questo nostro cammino abbiamo bisogno di appartarci un po’  per pregare, ci mostra anche che abbiamo bisogno di qualcos’altro per accompagnarci, per cibarci in questo  cammino, che è la parola di Dio. La legge e i profeti rappresentano la parola di Dio.

Dio non è silenzioso, non è mai stato silenzioso. Pensate che la  creazione si fa  attraverso la parola.  Gesù è il Verbo che si incarna!  Questa parola deve anche incarnarsi nella nostra vita.  Noi è che dobbiamo solo sentire la parola, ma ascoltarla significa sentirla col cuore, significa cercare di viverla nella vita di tuti i giorni.  E sappiamo quanto questo sia difficile, farci toccare da questa parola; tante volte ci scivola addosso, la ascoltiamo così, come ascoltiamo tante altre parole nella nostra vita, alla radio, in tv… Le parole sono tante. Oggi abbiamo paura del silenzio, quindi c’è sempre rumore. Ma questa è  una parola diversa, è  una parola di vita! E noi dobbiamo poco a poco imparare a sentirla, a viverla, a farci toccare! Allora il Signore attraverso questo Vangelo ci sta dicendo anche come camminare.

Uno: allontanarsi un po’ dalla nostra vita quotidiana.

Due: la preghiera, che ci mette in contatto con lui. È  lui che ci chiama sempre, è  lui che ha chiamato Abramo “fuori”, è  lui che chiama adesso Pietro, Giovanni e Giacomo; il Signore è  sempre lì  a chiamarci. La nostra vita è una continua vocazione, una chiamata.

Tre: la Parola. La parola di Dio sono le parole che ci accompagnano in questo nostro  cammino: una parola che siamo chiamati a vivere.

Ma vedete che Pietro e i suoi compagni, ci dice il Vangelo, “erano oppressi dal sonno; ma quando si svegliarono videro la sua gloria e due uomini che stavano accanto a lui”.  Non è  l’unica volta che i discepoli cadono dal sonno:  ricordate il Getsemani, che leggeremo poi alla Passione. Anche lì non riescono a stare svegli. La vita cristiana è un essere  svegli.  È  facile nella nostra vita lasciarci andare.  Il cristiano è  quello sempre sveglio, quello che sta attento a tutto ciò che gli chiede il Signore. Noi tante vote ci dimentichiamo che il Signore ci ha dato uno strumento, che è  lo Spirito Santo, per accompagnarci.  Noi siamo lì, ci lasciamo andare. Ci lasciamo andare e chiudiamo gli occhi. Invece dobbiamo  imparare ad aprirli, quegli occhi, ma non solo per la chiamata di Dio, non solo per la sua parola, non solo per quello che ci indica,  ma an he per i nostri fratelli, i vicini che hanno bisogno di noi! Essere cristiani, ascoltare la sua parola e viverla, significa anche amare! E tante volte noi abbiamo gli occhi chiusi davanti al bisogno d’amore dei nostri fratelli.

Essere svegli vuol dire tutto questo. E quanto è  difficile! Lo è  per i discepoli; e lo è per ciascuno di noi.  Abbiamo la tendenza a non essere svegli, a non stare attenti.

Allora Pietro dice: “Maestro,  è  bello per noi essere qui. Facciamo tre capanne: una per te, una per Mosè, una per Elia”. E la Scrittura dice: ”Egli non sapeva quello che diceva”. Anche questa è  u a delle nostre tentazioni: c’è una cosa bella, ci piace e rimaniamo là, bloccati. Questi discepoli dovranno scendere dal monte! Dovranno andare là dove abitano,  come ciascuno di noi.  Il cristiano è  nel mondo, ma non è del mondo.  Ciascuno di noi è chiamato a vivere quella bellezza che ha potuto vivere lì, vicino a Dio, ma la deve vivere nel mondo, con gli altri, accanto agli altri; con quel volto trasfigurato, deve vivere con gli altri. Noi non siamo una setta che si rinchiude su  se stessa, noi siamo una comunità: una grande famiglia,  che cerca di portare quel messaggio d’amore  che Cristo le ha trasmesso. Siamo chiamati a viverlo in questo mondo, dove siamo, oggi!

Allora vedete come questo Vangelo, messo all’inizio del nostro cammino di Quaresima,  ci accompagna, ci mostra la via, ci ricorda l’obiettivo e anche come arrivarci.  Tutto si conclude con questa parola di Dio: “Questi è il Figlio mio, l’eletto. Ascoltatelo”. Ecco che ci rimanda a questa parola: “ascoltare”!

Lasciamoci toccare da quello che abbiamo sentito, per ascoltarlo e viverlo con tutto il nostro cuore.  Amen

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