29 Aprile 2018 V Domenica di Pasqua

Guardate l’immagine che c’è sul Lezionario dopo le letture di oggi: è un crocifisso, è Gesù crocifisso, ma guardate com’è questo crocifisso, è strano, è tipo un albero, con dei rami che cadono un po’ così.
Avete ascoltato il Vangelo di questa mattina? Avete sentito di cosa ci parla? Di quale pianta ci parla? La vite. Che cos’è la vite? La pianta dell’uva. L’avete mai vista la pianta dell’uva, com’è? Ci sono dei rami, da cui poi nascono altri piccoli rami sopra.
Allora, Gesù, quando parla alla gente, cerca di usare delle immagini che loro conoscono. Per noi è più difficile perché noi abitiamo in città e quindi non conosciamo bene le cose, invece lui a chi parlava? Ai pescatori, e quindi parla di pesca; parla agli agricoltori e quindi parla di piante. O, ancora, parla a quelli che pascono gli animali, gli allevatori e i pastori, e quindi parla anche di questo. Sono delle immagini che Lui usa per far capire delle cose molto più profonde.
Allora noi cerchiamo di capire, attraverso questo Vangelo, cosa il Signore ci vuole dire.
Lui ha parlato della vite, e dei tralci, i rami della vite. E sapete che tutte le piante, non solo quelle di vite, certe volte si devono tagliare per rinforzare la pianta principale, perché hanno dei rami morti, o hanno dei rami che non servono più a niente perché non porteranno frutto e prendono la linfa vitale, prendono l’energia di questa piante e quindi la pianta cresce poco.
Quando voi uscirete da qui, vedrete che nel parcheggio abbiamo un vaso arancione con un albero piantato. Alla base di questo albero ci sono tanti ramoscelli, e adesso il giardiniere deve toglierli per dare più forza all’albero.
Allora Gesù, quando ci racconta tutte queste storie, cosa ci vuole dire? Ci vuole dire un po’ come l’immagine che abbiamo visto in questo Cristo crocifisso che ha dei rami: noi siamo attaccati a Lui. E’ lui la vite, è Lui l’albero principale, e noi siamo dei rami. Dio, ci dice Gesù, è l’agricoltore, è come il giardiniere che viene a tagliare le cose che non vanno.
Ma cosa taglia? Taglia chi non porta frutto. Se noi rimaniamo attaccati a Cristo, portiamo frutto. Cosa significa portare frutto, nella nostra vita?
(le persone dicono: “amare Gesù”, “portare il bene”, “portare la pace”, “credere”, “aiutare il prossimo”, “portare la luce”…)
Gesù ci dice di portare frutto, e per portare frutto ci dice di rimanere con Lui, e rimanere con Lui significa ascoltare e mettere in pratica la sua parola. Mettere in pratica la sua parola significa sentire anche quello che ci comanda, e cosa ci comanda Gesù? Amare Dio e amare il prossimo, questo è il più grande comandamento che il Signore ci ha dato. Ora noi ci rendiamo conto di quanto è difficile questo, perché è facile dire che dobbiamo portare pace, portare luce, amare l’altro, eccetera, ma quanto è difficile per noi, tante volte?
Amare Dio? Vuol dire mettere Dio al primo posto, ma quante volte per noi metterlo al primo posto è difficile? Perché a parole siamo tutti bravi, “Sì, Dio è il più grande”, ma poi? Poi preferisco andare a una partita di calcio quando c’è la Messa, poi preferisco, non so…
Non mi interessa tanto, me lo scordo durante la giornata non prego mai, ma come? Abbiamo detto che Dio era al primo posto e poi lo metto all’ultimo? Perché noi nella vita facciamo sempre delle scelte, ogni cosa che noi facciamo è una scelta, però in questa scelta che facciamo, o mettiamo Dio al centro o lo mettiamo di lato. E’ così.
La stessa cosa amare gli altri, non è così facile, vero?
Quante volte ci bisticciamo, quante colte facciamo fatica ad accettare l’altro, è difficile, è difficile!
Però ci rendiamo conto che tutte le volte che viviamo fondando le cose sull’amore, tutte le volte che vogliamo bene a una persona, non c’è qualcosa dentro che ci muove, non c’è qualcosa dentro che sentiamo e che ci fa star bene profondamente? Essere felici? E’ una parola molto importante, perché Dio lo vuole da noi, dobbiamo tutti essere felici. Dio non vuole gente che si batte il petto e basta, Dio vuole gente felice!
Il nostro problema è che ci dimentichiamo di questo, che non rimaniamo attaccati alla vite, e non portiamo frutto per questo motivo, perché ci stacchiamo facilmente da Dio, ci scordiamo di Gesù, più stiamo bene e più ci dimentichiamo di Lui, perché tanto stiamo bene.
Invece Lui è il nostro bene, è Lui in profondità che ci può rendere felici, è Lui che cerchiamo, quando cerchiamo la gioia, il bene, la pace, quando cerco di dare un senso alla vita, è Lui la risposta a tutte le nostre domande, e noi siamo fatti per questo, per essere attaccati a Lui. Ecco perché quando siamo lontani da lui, stiamo male.
Allora per noi la cosa più grande sarà sempre riconoscere che abbiamo bisogno di Lui. Vedete, la vita di un cristiano è questo: più sentirai di avere bisogno di Gesù, più vuol dire che ti stai convertendo. Più sento di avere bisogno di Lui, più sento di essere convertito. Perché un santo non è uno che dice: “Sono santo, non ho bisogno di nessuno”, è il contrario, è quello che sente di avere bisogno di Dio, sente di avere bisogno di Gesù. E’ questo che dobbiamo sentire dentro di noi.
Vorrei concludere con questa frase: “Dio è più grande del nostro cuore e conosce ogni cosa”, lo dice san Giovanni nella seconda lettura. Dio è più grande del nostro cuore e conosce ogni cosa. Non pensiamo di conoscere noi stessi, noi non ci conosciamo, ma Dio sì, ed è molto più grande del nostro cuore.
Allora affidiamoci a Lui e faremo cose grandi, anche più grandi di Lui, ha detto Gesù.
Apriamo il nostro cuore, lasciamo entrare Dio e cerchiamo di capire che Lui è molto più grande di quanto pensiamo noi. Amen.

29 Aprile 2018 V Domenica di Pasqua
Commento di Don Stefano Cascio

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