21 ottobre 2018 XXIX Domenica del Tempo ordinario

Essere i primi.

I discepoli fanno ridere. Fanno ridere perché li vedi là che seguono Gesù, e tu dici: eh, questi sono dei grandi uomini, questi seguono Gesù e chissà che sono, questi dodici che stanno lì a seguirlo, ad ascoltare la sua voce… E poi te li ritrovi che stanno là, come a scuola, quando uno dice: “io sono il migliore, io sono il tuo migliore amico, io sono il primo”, ecc. ecc.

È la stessa cosa con questi qui, con questi discepoli. Due si avvicinano, due di loro, vanno da Gesù a dicono: “Senti, noi vogliamo che tu faccia quello che ti chiediamo”. E Lui dice: “Bene, che cosa volete che io faccia per voi?”

Questi due rispondono: “Quando sarai nella tua gloria, noi vogliamo essere alla tua destra e alla tua sinistra”. Cioè: noi vogliamo essere i più importanti! E Gesù fa loro una domanda: “Ma voi siete pronti a vivere la vita che io sto per vivere?” La fa con delle domande un po’ complicate, dice: potete bere il mio calice, potete essere battezzati nello stesso mio Battesimo?

Voi non dovete credere che intenda quel calice là o di essere battezzati allo stesso fonte battesimale che è qui, no, non è questo che dice Gesù. Quando parla del suo Battesimo, parla del suo Battesimo nella morte!

Voi sapete che ogni volta che un bambino viene battezzato nel fonte battesimale, è come se entrasse nella tomba con Cristo, muore con Cristo. Là dentro muore tutto l’uomo vecchio, per rinascere, con la Resurrezione di Gesù, per rinascere a vita nuova, per essere qualcuno di nuovo. Perché ciascuno di noi qui che è stato battezzato è chiamato ad essere una nuova creazione, un uomo nuovo. E allora Gesù sta dicendo: ma voi siete pronti a morire come io morirò, a soffrire come io dovrò soffrire? E loro dicono: “Certo, noi possiamo, noi siamo pronti! Noi ce la caveremo!” E Lui dice: Va bene, ok, lo farete.
Infatti predice il vero, tanti discepoli saranno torturati perché diranno che Gesù Cristo è risorto e non accetteranno che qualcuno dica il contrario, nel senso che quando a loro diranno: tu non devi dire questo, non è vero che Cristo è risorto, non riusciranno a dire di no. Come tanti cristiani oggi nel mondo muoiono proprio perché credo in questo. Allora è vero, questi discepoli vivranno quello che ha vissuto Gesù. Poi dice: “Non sono io che devo dirvi chi starà alla mia destra e chi alla mia sinistra.”

E allora Gesù conclude, chiamando tutti i suoi discepoli per dire una cosa importante, che oggi dice a ciascuno di noi che siamo venuti qui e cerchiamo di seguirlo. Gesù ci dice una cosa che ci ha detto anche settimana scorsa. Vi ricordate quando vi ho detto: Dio ha fatto gli uomini per amare gli uomini e servirsi delle cose? E l’uomo cosa ha fatto? Ha amato le cose e si è servito degli uomini. Ecco, oggi Gesù ci dice: Se mi volete seguire, se volete essere i primi, se volete amare, se volete la felicità – in ciascuno di noi c’è Dio :      essere felici vuol dire amare, perché non possiamo essere felici senza amare – ma per amare, ci dice Gesù, dovete pensare agli altri. Come è possibile questo? Dice che se veramente volete amare, dovete pensare agli altri. Perché se io amo te, voglio il tuo bene, penso prima a te che a me.

Se io vi chiedo: chi è che vi ama in questo modo? Chi è che vi ama come ho detto io?

Bambino: I genitori.

I genitori. Questo è l’amore. Per esempio un papà, una mamma pensa prima a voi che a loro stessi. Così dovrebbe essere pure tra papà e mamma, non devono pensare prima a loro stessi, ma alla moglie, al marito. Così è l’amore.

Ma sapete che questo amore lo possiamo declinare in tutto quello che facciamo, anche nel lavoro? Vedo l’Ama qui. Se un funzionario dell’Ama, quando lavora, cerca di pulire tutto, bene, la zona che gli è stata detta, e lo fa bene, perché deve fare questo, ecco, questo è declinare l’amore anche nel modo di fare. Se un politico ascoltasse Gesù e si mettesse a sentire il suo popolo come dovrebbe… Perché lui è al sevizio del popolo! Il popolo ha votato per lui, perché lui sia al suo servizio!

Vedete Gesù ci sta insegnando un mondo diverso. Se ciascuno di noi e i nostri genitori vanno al lavoro e fanno le cose bene, come le dovrebbero fare, mettendo tutto il loro impegno, il loro talento. Cioè l’amore è servire.  È servire l’altro.  E noi dovremmo declinare questo sempre, in tutto.

Allora capiamo meglio quello che vuol dire Gesù. E ci rendiamo conto che è così. È questa la sorgente della felicità.Tante volte ho preso l’esempio dei nostri ragazzi che al centro estivo si sono messi a lavorare tutti i giorni per due mesi! Cosa facevano? Non pensavano a loro stessi, ma pensavano a voi. E quando facevano questo erano così felici, che sono andati a chiamare gli altri loro amici a scuola; per venire a fare che? Per servire voi, a lavorare. Perché hanno capito che è più bello dare che ricevere.Allora questo è quello che il Signore oggi ci chiama a fare: cambiare la nostra mentalità. Non usare per se stessi le persone, non usare i nostri titoli, non usare la missione per la quale siamo stati votati o le funzioni che abbiamo, non è questo l’amare, ma l’amore è il vivere per l’altro.Solo questo ci dà la vera felicità. Il resto è solo egoismo, in cui prendo per me, per riempire i buchi che poi presto saranno sempre più grandi, diventeranno voragini.
Dare invece di ricevere.

Questo è l’amore che il Signore ci chiede, questo è servire.

E servire Gesù. Amen

21 ottobre 2018 XXIX Domenica sel Tempo ordinario
Omelia di Don Stefano Cascio
Trascrizione a cura di Maddalena Kemini

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