10 febbraio 2019 V domenica tempo ordinario

Duc in altum

Come tante volte vi ho spiegato, per capire come leggere il Vangelo noi dobbiamo vedere le letture precedenti, in particolare la prima lettura. Se avete ascoltato bene la prima lettura, avete visto la storia di un profeta, il profeta Isaia. Il profeta dice a Dio di non essere degno di proclamare questa parola che tu mi dai. Se avete seguito bene avete sentito che lì ci sono dei serafini che stanno proclamando: “Santo, santo, santo il Signore degli eserciti! Tutta la terra è piena della sua gloria”.

 Tra parentesi: Quando lo diciamo noi questo: “Santo, santo, santo”? In che momento della messa? Vedete che la nostra liturgia prende i pezzi della Bibbia.  Prima della consacrazione noi cantiamo: “Santo, santo, santo il Signore Dio dell’universo. I cieli e la terra sono pieni della tua gloria!” Poi quando canteremo insieme, lo dobbiamo fare insieme! Viene da dove viene? Proprio da lì, dove viene annunziata la grandezza del Signore. E davanti a questa grandezza immensa, Isaia si sente piccolo-piccolo e dice: ma io non sono degno. E allora gli vengono bruciate le labbra, come avete sentito.

Nella seconda lettura, stessa cosa: san Paolo che va a raccontare quello che ha visto eccetera, dice: ma io? Io sono come un aborto! Parola forte, eh? Sono come un aborto, perché io andavo a perseguitare la Chiesa. Tante volte ve l’ho detto, lui era coma l’Isis di oggi, andava a uccidere i cristiani! E sulla strada di Damasco c’è questa conversione grande, enorme, incredibile! E diventa un apostolo come gli altri. Ma lui dice: io sono come un aborto, io sono uno che non vale niente perché andavo a perseguitare la Chiesa.

E infine arriviamo a questo Vangelo: c’è Pietro. E Pietro ha lavorato tutta la notte come fanno i pescatori. E arriva e vede questo qua, Gesù, insieme a gente che lo segue. E a un certo momento c’è talmente tanta gente sulla riva – lo vedete, se voi andate in Terra santa si vede proprio come è fatta la riva, ci sono queste conche nel terreno – e allora fa spostare un po’ una barca, così ha tutti di fronte e lui sta sulla barca un po’ più in là riesce a vedere e a parlare con tutti. Ma dopo, questi pescatori qua non stanno tanto ad ascoltare Gesù, stanno lavorando, stanno rimettendo a posto le reti… Sono un po’ nella loro mediocrità, perché non è che le cose vanno tanto bene: hanno lavorato tutta la notte e non hanno preso niente! E stanno lì così, un po’delusi della loro vita, a mettere a posto… E Gesù arriva e li prega, dice il Vangelo – perché Gesù non si impone mai – prega, chiede gentilmente di poter usare quella barca e mettersi lì; poi torna e dice: dai, andiamo. Andiamo di nuovo a pescare. E Pietro, malgrado quello che era successo, malgrado lui da pescatore lo sa, non è uno che bada così alla gente, è il suo lavoro, è un professionista, sa che non deve andare a pescare di giorno; però ci va: “Sulla tua parola getterò le reti. E allora io parto”. E allora quello che doveva succedere, succede. Gesù gli dice: “Prendi il largo” e lui ci va. Va in profondità, più lontano, lui pesca e, l’avete sentito, pesca così tanto che non riesce neanche a tirare le reti! E ha bisogno di un altro che viene ad aiutarlo perché le due barche affondano per tanto pesce che c’è.

E cosa dice a noi questa storia? Gesù parla a noi, alla mediocrità della nostra vita, alle nostre piccole cose, quando noi non abbiamo più un sogno Gesù ci parloa di futuro. Ci chiama a seguirlo. Ci chiama ad aver fiducia nella sua parola! Pietro ha fiducia e prende il largo. Duc in altum! Sono le parole che aveva usato Giovanni Paolo II in una lettera alla fine del giubileo: prendere il largo. E su quella frase che io mi sono lanciato e sono entrato in seminario. Prendere il largo una frase che mi è sempre piaciuta tanto perché parla di un eterno futuro, ci chiama sempre ad andare oltre, andare in profondità, andare lontano! Non a rimanere sulla riva. Noi non siamo chiamati a rimanere lì, a guardare, osservare, ad aver paura del mare, no! Siamo chiamati a buttarci, a buttarci sulla sua parola, con la sua parola, sulla sua chiamata! E siamo chiamati a salire su quella barca che è la Chiesa, che è la nostra comunità! E siamo chiamati a partire, a buttare le reti ancora una volta! Anche quando le cose sono andate male! Il Signore ci chiama di nuovo a buttare le reti, cioè a giocarsi la vita!

E lì prendiamo. Ci chiama tutti a essere pescatori di uomini! Ci chiama a non aver paura!: quella frase che Giovanni Paolo II ripeterà. Si dice, io non le ho contate, che sono 365 le espressioni nella Bibbia che dicono di non aver paura. Cioè per ogni giorno siamo chiamati a non aver paura. A buttarci, sulla parola del Signore. Parola che permette la speranza, a sognare un futuro con Cristo sulla sua parola! Simone parla al presente, Gesù parla al futuro: “Sarai pescatore di uomini”.

Entriamo in questo futuro, ciascuno di noi, come gruppo, come comunità, come Chiesa, alziamo lo sguardo, alziamo la voce, mettiamoci in cammino, seguiamo la parola di Dio. Andiamo oltre le nostre paure, tutte quelle cose che ci paralizzano, tutte le nostre piccole abitudini, le nostre mediocrità. Apriamo a questo futuro che il Signore ci chiama a vivere. I nostri pescatori, Simone: lascia lì tutto. Anche questa grandissima pesca che ha fatto, lascia tutto lì e segue il Signore. Dobbiamo avere forza, fiducia e coraggio di seguire Cristo. Amen

10 febbraio 2019 V domenica tempo ordinario
Omelia di Don Stefano Cascio
Trascrizione di Maddalena Kemeny

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