Vedete che la liturgia è come la nostra comunità: c’è sempre una ragione per far festa. Ricordate quello che è successo cinquanta giorni dopo Pasqua, quando abbiamo celebrato la Pentecoste. Poi abbiamo celebrato la santissima Trinità. Oggi ci ritroviamo di nuovo a festeggiare una solennità, quella del Corpus Domini: celebriamo l’Eucaristia, il corpo e il sangue di Cristo, una grande festa per tutti i cristiani; culmine della vita della Chiesa e quindi anche per la nostra parrocchia. Ma questo che cosa può significare per ciascuno di noi?
Avete visto che la Chiesa ci ha messo il Vangelo della moltiplicazione dei pani. E cosa succede in quell’episodio che abbiamo sentito? C’era folla; siamo nel deserto e c’è tanta folla. Arriva sera e allora i discepoli si preoccupano e dicono a Gesù: mandali via, se no non fanno in tempo, devono tornare per andare a cercare qualcosa da mangiare. Ma Gesù dice: “Voi stessi date loro da mangiare”.
Che cosa sta dicendo questo a noi oggi? Che Gesù è venuto a nutrire la fame, la sete che ha la gente. Non di questo pane qua, ovviamente, ma dell’assoluto: della verità, della felicità, della pace; di amore, di tutto quello che ciascuno di noi ricerca, di risposte che durano. Sono affamati di questo! Come è affamato questo mondo, come è affamato questo quartiere, come è affamato questo Paese. Com’è affamata la gente che abbiamo attorno, al lavoro, a scuola, tutti i giorni. Noi, discepoli del Signore, siamo chiamati a sentire, ad ascoltare il grido di questa gente affamata di assoluto, che forse neanche si rende conto di avere fame… ma nel più profondo cerca questo. Noi, come discepoli, siamo chiamati ad andare al Signore per dire: “Hanno fame!”. Noi per primi siamo chiamati a raccontare questa fame della gente fuori. E il Signore risponde: Voi stessi date loro da mangiare”.
Dunque il Signore ha bisogno di noi per andare a sfamare quelle persone. I discepoli rispondono: ma noi non abbiamo niente, abbiamo solo cinque pani e due pesci. Il Signore non ha bisogno di superuomini, ha bisogno di persone generose, di persone che mettono il poco che hanno a servizio del Signore. Allora si raccoglie il poco che c’è. Che sono i pochi talenti che abbiamo. La nostra comunità è composta da tanti talenti. Ognuno di voi qui questa sera sa fare qualcosa. O sa essere qualcosa. Ciascuno di noi ha una ricchezza che deve mettere a servizio dell’altro per questa grande famiglia che è la comunità.
Prendo un esempio subito: abbiamo fatto rapidamente in pochi giorni questo tendaggio degli adoratori di san Bonaaventura. Ci è voluto poco perché ciascuno ha messo i propri talenti per poterlo fare. Possiamo fare miracoli. La nostra comunità può fare miracoli, se ciascuno di voi dà quel poco che è. Tante volte quando organizziamo le cose ci ritroviamo sempre gli stessi, la stessa piccola squadra. Com’è possibile? Dov’è questa grande famiglia? Dove sono? Dove siete a dare una mano al Signore per questa porzione del popolo di Dio che è la parrocchia di san Bionaventra?
Ognuno di noi deve dare quello che ha. Sono quei pochi pesci e pani che abbiamo. E il Signore trasforma questo! Il miracolo avviene là. Il Signore ha bisogno di te, di quel poco. Il popolo deve dare tutto quello che ha. Quel ragazzo ha dato poca cosa, ma l’ha dato con grande generosità e il signore trasforma quel poco. Ma lo dobbiamo dare con generosità. I due pesci, i cinque pani erano davvero ben poco, ma era quello che avevano e quel poco l’hanno dato al Signore. E cosa succede? Cinquemila persone vengono sfamate e avanzano dodici ceste con i pezzi avanzati.
I miracoli si possono fare. La nostra comunità potrebbe essere una comunità che fa miracoli. Forse qualcosa ha già fatto, perché il miracolo non significa vedere la Madonna che ci spunta davanti. I miracoli ci sono e potrebbero essercene tanti. Questa comunità dovrebbe, dico dovrebbe fare tanti miracoli. Ma per questo ci vuole fede e generosità. L’Eucaristia è questo: fede in Dio e generosità nel dono di sé. Cristo si è donato sulla croce. E generosità: prima nell’ultima cena, lava i predi ai suoi discepoli.
Quello che ci raduna questa sera è un richiamo per ciascuno di noi a essere uomini e donne aucaristiche. L’adorazione è solo immagine di quello che dobbiamo fare nella nostra vita: adorare il Signore e donarsi agli altri. Ma se la vostra preghiera non ci porta a donare quello che siamo con generosità, significa che non preghiamo veramente, significa che ancora non siamo abituati dal Signore a diventare l’uno e l’altro proprio come una croce: orizzontale e verticale, l’uno e l’aktro vanno insieme.
E allora preghiamo il Signore perché ci dia la forza di essere veri uomini e vere donne eucaristiche. Solo così daremo un avvenire a questa comunità, a questo quartiere, a questa città, a questo Paese. Più i cristiani saranno eucaristici, più saranno veri discepoli. Amen