22 settembre 2019  XXV domenica tempo ordinario

I debiti, la grazia e la gioia di condividere

Non è la ricchezza che fa la felicità, è questo il tema del nostro giorno e credo che, se lo chiedo a Benedetta e ad Alessandro, qui davanti, mi diranno che è così: non credo che la vostra felicità sia dovuta ai soldi che avete nel portafoglio, ma a ben altro, dopo sessant’anni di matrimonio, cari amici!

Domenica scorsa abbiamo celebrato un matrimonio, la settimana dopo celebriamo questi sessant’anni di matrimonio. E’ bello vedere come la nostra comunità ha dei testimoni visibili per tutti nei nostri momenti di raduno comunitario!

Strano questo Vangelo che avete sentito oggi! Dove il Signore ci chiede di usare la ricchezza disonesta per farci degli amici. Cosa il Signore vuole dirci attraverso questa storia dell’amministratore disonesto?

Come avete sentito, questo amministratore, quando capisce che sta per perdere il suo lavoro, va e comincia a scalare i debiti contratti con il padrone dall’uno e dall’altro: tu devi cento, scrivi cinquanta, tu devi altri cento, scrivi subito ottanta e così via; e in questo modo prudentemente l’amministratore si fa degli amici. Alla fine dei conti il padrone, invece di mandarlo via, gli dice: bravo per la tua scaltrezza! Questa lode dell’amministratore disonesto ci mette un po’ in difficoltà.

Cosa succede con la nostra ricchezza? Cosa succede nei paesi ricchi? Che tante volte chiudiamo le porte all’altro. Basta vedere, quando giriamo per la benedizione, come è difficile anche per noi preti entrare nelle case, perché è tutto sbarrato e la gente ha paura. L’ho raccontato già ieri: provate ad andare in un pese povero, un paese che non conosce neanche il turismo, perché là dove c’è il turismo, purtroppo le cose sono state cambiate. Infatti, Se per esempio andate in Marocco, la gente, i bambini vi chiedono le penne, altre cose ecc. Ma se voi andate in un paese dove proprio non conoscono il turista – prendiamo l’esempio del Pakistan, dove abbiamo il nostro cardinale che è di Karachi: in Pakistan nessuno vi chiede niente, anzi: vi aprono le porte per invitarvi a pranzo e a cena! E anche se hanno poco, quel poco lo mettono a disposizione vostra! Non perché abbiate bisogno di qualcosa, ma gratuitamente vogliono potervi donare questa gioia di ricevervi in casa loro.  Se guardiamo i nostri paesi ricchi, è tutto il contrario. Più abbiamo e più ci rinchiudiamo. Più abbiamo, più abbiamo paura dell’altro. E’ così.

Il Signore allora oggi ci dice: di questa ricchezza, cosa ne fai? Ti serve per andare verso l’altro, o a chiuderti? In questa storia il Signore ci racconta la storia dei debiti. Cosa fa quell’amministratore? Toglie i debiti. E qual è uno degli attributi di Dio? Dio ricco di misericordia. Anche a noi il Signore toglie i nostri debiti. Ma tante volte noi ci dimentichiamo di togliere quelli degli altri. Li facciamo pagare l’affronto che hanno fatto a noi.

Cosa facciamo allora delle nostre ricchezza? Non sto parlando solo di soldi, anche se sappiamo che la carità copre tanti nostri peccati. Ma che cosa facciamo della nostra ricchezza più grande, cioè della grazia che abbiano ricevuto dal Battesimo? Cosa facciamo noi di questa ricchezza? La usiamo per farci degli amici o invece pensiamo di dover tenere tutto per noi?

C’è chi questa grazia l’ha messa in gioco: la grazia di questo matrimonio, celebrato sessanta anni fa! Quante grazie noi riceviamo nel momento del sacramento del matrimonio!! Anche lì, noi potremmo rinchiudere la famiglia in una cosa piccola, che diventa sempre più povera! O invece ci apriamo. Quante volte Alessandro ha lottato anche per il quartiere! Ha lottato o per la costruzione della chiesa! Ha lottato per facilitare i problemi di alcune famiglie, quando era presidente del comitato di quartiere.

O noi viviamo nel chiuso delle nostre case, o ci apriamo. Ci apriamo alla vita, con i nostri figli, ci apriamo all’altro, al vicino, al quartiere! O noi mettiamo in gioco quello che abbiamo ricevuto – e prima di tutto, le grazie ricevute dal Signore – oppure le cose non vanno avanti. Loro sono testimonianze vive di cosa significa vivere quel sacramento ricevuto. Il sacramento, ricordiamolo, è rendere visibile qualcosa di invisibile: l’amore di Dio per noi. L’hanno reso visibile attraverso la loro famiglia. Attraverso questa donazione per sessant’anni non solo l’uno all’altro, ma anche per la gente attorno.

La famiglia è importante per la società perché è una palestra di relazione, è un continuo dover lasciare spazio all’altro. Per questo è fondamentale la famiglia per la società. Per questo oggi che le relazioni famigliari vanno male, la società va male. Perché tutto parte da lì, dall’esempio che i genitori danno ai loro figli. Da questo  vivere l’uno per l’altro. Perché  chi non vive l’uno per l’altro può star sicuri che la sua famiglia non potrà andare avanti, che la coppia  non potrà andare avanti, Il crocifisso in tutte le chiese ci ricorda questo: dare la vita per gli altri. In una coppia non si può fare altro, non si può.

Allora vi ringraziamo oggi per la testimonianza che avete dato e che continuerete a dare. Per questo vi abbiamo messo qui al centro, perché è bello testimoniare il bello. Non dobbiamo sentire solo le cose brutte. E’ bello testimoniare il vero. E il bello

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