20 ottobre 2019   XXIX domenica del tempo ordinario

I tre punti

Il Signore ci lascia una domanda pesante: “Il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?” Che responsabilità!

Che responsabilità! Noi che abbiamo ricevuto l’annuncio, noi che abbiamo sentito la sua parola, che responsabilità questa domanda!

Oggi tre coppie di genitori chiederanno il Battesimo, l’avete sentito all’inizio di questa celebrazione; hanno chiesto il Battesimo per i loro figli. Chiedono la fede, vogliono dar loro la fede, chiedono che i loro figli ricevano questo dono meraviglioso. Non so se si rendono conto della responsabilità che questo significa.

Da questa parte invece abbiamo tre coppie che, dopo trent’anni di matrimonio, vogliono rinnovare la loro promessa davanti ai figli, agli amici, alla famiglia e alla comunità. Anche loro esprimono la volontà di vivere questa fede che in questi trent’anni hanno trovato e sperano di continuare a trovare ancora.

A guardare da una parte e dall’altra, ci sembra che la fede ci sia. Da una parte una richiesta, dalla’altra una vita vissuta davanti al Signore, in famiglia. Ma sappiamo quanto tutto questo è difficile. E’ difficile vivere la fede. E’ difficile viverla tutti i giorni. Avete sentito la prima lettura: Mosè viene aiutato per poter tenere le braccia versi l’alto. E’ un’immagine meravigliosa della Trinità, della Chiesa: ci mostra che da soli non possiamo fare niente, siamo sostenuti dagli altri. Questi bambini non cresceranno soli. Se noi celebriamo i Battesimi durante la festa della domenica, è proprio per dire che la comunità accompagnerà questi bambini. E’ nella comunità che cresceranno. Se queste coppie sono tornate davanti all’altare, è proprio per rivivere davanti a voi quello che trent’anni fa avevano detto: è la comunità che permette a tutti noi di avere la fede. Chi vi ha insegnato il catechismo? Chi vi ha portato il messaggio? E’ avvenuto grazie a questa comunità, la comunità della Chiesa, che da duemila anni cammina portando il messaggio di Cristo; duemila anni di fedeltà. Che meravigliosa storia!

Ma sappiamo quanto è difficile. E il Signore cerca di farci capire questo attraverso una storia: la storia di questa vedova e di questo giudice corrotto, un giudice che non voleva fare giustizia; e una donna che aveva diritto alla giustizia, una donna miserabile, perché vedova. Una vedova a quel tempo non valeva più niente, niente! Come in tante altre società, in India per esempio è terribile. Le vedove e gli orfani, si diceva, sono le persone più deboli della società. E questa chiede giustizia e il giudice non l’ascolta. Finché non ne può più di sentirla e allora le dà giustizia. E il Signore dice: se quest’uomo cattivo le dà giustizia, tu  pensi che il Signore non faccia la stessa cosa con te? Fede.

Cosa ci insegna questa storia? Intanto la debolezza. Non posso venire pensando di essere pieno di me stesso. Devo perdere qualcosa. La donna ha perso suo marito, noi che cosa abbiamo perso verso Dio, se siamo sempre ad alzare la testa? Se crediamo che noi uomini possiamo decidere di tutto! E ci rendiamo conto di cosa facciamo?

Oggi si manifesta per l’ecologia, il mondo; e facciamo bene perché ci rendiamo conto finalmente che la nostra tecnologia ha distrutto tutto. Ma non ci rendiamo conto che stiamo facendo la stessa cosa sull’uomo. Adesso le tecnologie ci danno la possibilità di fare tanto per l’uomo, ma l’uso che ne stiamo facendo sta distruggendo l’uomo stesso, i rapporti familiari. E l’uomo continua così.

Allora la storia che il Signore ci dà oggi ci fa capire una prima cosa: che alla base di tutto c’è bisogno di umiltà. Umiltà.

La seconda cosa importante è che questa donna continua a chiedere giustizia, fino alla fine. Cioè ha fede che il fatto di bussare continuamente avrà una risposta. E noi? Dov’è la nostra fede, vale a dire la nostra fiducia? Noi  troppe volte la fiducia in Dio la mettiamo a poco a poco da parte, perché diventiamo sempre più grandi, più adulti e pensiamo quindi  che non serve più. Tutto è legato.

Allora a questi bambini dovrà essere insegnato questo: saper abbassare la testa, saper essere umili, saper avere fiducia in Dio. Che non è  una cosa facile, ripeto, ma necessaria. Credo proprio che nelle nostre coppie, senza umiltà e fiducia, non si potrebbe andare avanti, non si andrebbe lontano. Se non ho l’umiltà di riconoscere che la persona che ho accanto è un dono per me, un dono che non merito, un dono meraviglioso, se non metto al cento per cento fiducia nell’altro, la relazione non va avanti. Perché basta poco per distruggere tutto. Come ha fatto il serpente nella vita dell’uomo.

Allora la vita, come vedete, è una scelta: o ascolto la tentazione – e pregheremo proprio per liberare questi bambini da questo, per combattere il principe di questo mondo, il diavolo, che ci mette quella piccola frase, quella piccola sfiducia… Oppure ascolto il Signore.

Per questo oggi siamo chiamati a tre cose importanti: umiltà, fiducia, comunità. Sono i tre punti di oggi per noi nella vita di questi bambini, nella vita delle nostre famiglie: umiltà, fiducia, comunità. 

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