Lunedi 2 novembre 2020 Commemorazione di tutti i fedeli defunti

Abbà, padre

Celebriamo questo momento in modo diverso, dopo la festa di ieri. Lo viviamo con una grande speranza nel cuore. E le letture di oggi ce lo fanno capire. San Paolo ci dice: “Voi non avere ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura, ma avete ricevuto lo Spirito che rende figli adottivi, per mezzo del quale gridiamo: Abbà, padre”. Questo è qualcosa che deve assolutamente  entrare nella nostra piccola testa: noi dal Battesimo siamo figli di Dio! Il Signore Gesù  è  venuto nel mondo proprio per raccontarci chi è Dio. E ci ha insegnato una sola preghiera. Tutte le altre preghiere ce le siamo inventate, a poco a poco gli uomini le hanno scritte, le hanno inventate. Anche l’Ave Maria: hanno preso dei brani del Vangelo per metterli insieme.

Una sola preghiera ci è stata insegnata da Gesù,  quando i discepoli gli hanno chiesto: ”Insegnaci a pregare” e lui ha risposto così: “Padre nostro”, anzi ha usato la parola: “Abbà”, papà, proprio per farci capire il legame stretto di un Dio non giudice, ma di un Dio padre. E un padre non si dimentica dei suoi figli.

Allora, in questo periodo così  particolare, in cui  la morte può essere così vicino a noi, in cui alcuni di noi hanno perso un membro della propria famiglia senza poterlo salutare, dobbiamo essere certi che il Signore non li ha  abbandonati. Non sono morti soli, sono morti con il Signore. Un padre non abbandona suo figlio.

La domanda però  che oggi il Vangelo ci pone, la domanda che ci dobbiamo fare ogni volta che muore qualcuno davanti a noi, la domanda che ci pongono i nostri defunti è: come sto vivendo questa vita che mi è  stata data e che ogni momento può  essermi tolta? Chi vi parla, domani può non essere più  qui! Non sappiamo né il giorno né l’ora.

Allora, ogni volta che  succede, ogni volta che abbiamo un  morto davanti a noi, ci chiediamo: ma io, come sto vivendo tutti i momenti che il Signore mi ha donato? Ecco, il Vangelo di oggi ci apre il cuore. Il Signore, attraverso questa parabola del re, parla a ciascuno di noi. Il Signore ci sta dicendo che lui è il più piccolo dei più deboli! Il compito della Chiesa, e quindi di ciascuno di noi, è aiutare e servire il più  debole, che sia il bambino che deve ancora nascere fino alla persona che sta vivendo i suoi ultimi momenti; passando per il disabile, per l’anziano, per lo straniero, passando per il malato, passando per il povero: ognuno di loro è  il debole che il Signore mi chiama a servire come cristiano, come figlio di Dio, come uomo e donna. Questa e la vocazione sulla terra. Questo è l’amore che il Signore ci ha insegnato: dare la vita per l’altro. Lo sappiamo. Perché ciascuno di noi deve abbassare la testa, perché nella nostra vita, in un momento o in un altro, forse adesso, forse ieri, forse domani, abbasseremo lo sguardo, gireremo la testa per non vedere un povero, un ammalato, uno straniero; uno che, accanto a me, mi chiede aiuto e io non lo vedo!

Melle confessioni spesso confessiamo tante cose, ma ci dimentichiamo una cosa importante: l’omissione! Ci dimentichiamo il peccato di omissione! L’omissione d’amore, quell’amore che a me era stato richiesto e che non ho dato. Perché? Perché  sono egoista, perché  ho paura dell’altro, perché  sono indifferente alla sofferenza. Nelle nostre case con le porte blindate non vogliamo più  vedere la sofferenza dell’altro. Forse perché ne abbiamo tanta nella nostra propria famiglia, o perché semplicemente siamo completamente girati verso noi stessi. È l’egocentrismo, l’individualismo  che vive in questa società  e che purtroppo tocca anche i cristiani di oggi.

Allora, vedete, san Paolo ci ricorda che non dobbiamo essere schiavi, soprattutto gli schiavi di noi stessi; che dobbiamo aprire gli occhi, il cuore, la mente a Dio e che questa apertura a Dio ci apre agli altri. Il mondo ha bisogno di noi. Il mondo ha bisogno dei cristiani. Il mondo  grida, geme, l’abbiamo sentito, tutta la creazione ha bisogno di noi. Riscopriamo la nostra vocazione, la nostra chiamata. Oggi preghiamo per i nostri defunti, ma pregare per loro vuol dire anche  pregare per noi, vuol dire pregare perché  ogni momento della nostra vita sia vissuto con un cuore aperto a Dio e agli altri. A te, Signore,  innalzo l’anima mia. Amen

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