17 febbraio 2021 mercoledì delle Ceneri

Il momento favorevole

“Ritornate a me con tutto il cuore.” è il grido del Signore nella prima lettura del Profeta Gioele.

E san Paolo ci dice: “Ecco ora il momento favorevole, ecco ora è il giorno della salvezza!”.Vi esortiamo a non accogliere invano la grazia di Dio”.

Siamo all’inizio di un tempo particolare che è il tempo di Quaresima. Non ci sono più i fiori. Abbiamo cambiato il colore delle vesti. È un momento particolare, il momento della Quaresima: questi quaranta giorni di preparazione a qualcosa di grande, la più grande festa, quella della Pasqua, quella della Resurrezione del Signore. È la festa che ci dà l’obiettivo della nostra vita, che ci permette di capire l’obiettivo principale: la comunione dei santi.

Quaranta giorni: detto cosi può essere un tempo lungo o può essere niente: in un anno quaranta giorni non sono poi così tanti, se è un periodo che ci permette di capire qual è l’obiettivo principale della nostra vita. E a questo possono bastare se noi, questi quaranta giorni, li viviamo davvero intensamente. E il Signore ci spiega come viverli questi giorni forti, questo tempo forte della Quaresima.

Anzitutto come viverli ce lo dice la prima lettura: “Laceratevi il Cuore e non le vesti”. E ce lo dice anche il Vangelo: il Signore cosa chiede? Chiede di vivere in profondità le cose, non con superficialità, non davanti agli altri, non facendo le cose per essere ammirato dagli altri: le devo fare convertendo il mio cuore. Ecco, questi quaranta giorni sono speciali perché ci permettono di fermarci, un po’ come durante il lockdown: se vi ricordate bene eravamo già in Quaresima; ed è stato importante perché abbiamo dovuto togliere tutto il superficiale per andare all’essenziale. Il cammino di quaresima, devo dire che in quei giorni ci hanno aiutato tanto per questo motivo, perchè non dobbiamo perderci e non dobbiamo farlo neanche per glia altri.

Quello che deve cambiare dentro di noi è il nostro cuore. E Gesù, all’inizio del Vangelo ci dice: “Guadatevi dal praticare le buone opere davanti agli uomini per essere da loro ammirati, altrimenti non avrete ricompensa presso il Padre vostro che è nei cieli”. E poi comincia a elencare i tre pilastri che sono per noi i tre pilastri della Quaresima.

Il primo pilastro è l’elemosina. Ovviamente, lo sappiamo, non dobbiamo limitarci a considerare elemosina del privarci della monetina che diamo a una persona, ma è vivere la carità. Ma cosa significa vivere la carità ? Tante volte la parola carità l’abbiamo ridotta a elemosina! Invece carità è amore! L’amore che Dio ci ha insegnato attraverso Gesù Cristo! Non un amore così, la carità è quell’amore che il Signore è venuto a insegnarci: il dono di sé. E il dono di sé significa anche attenzione all’altro, significa entrare nella sua storia. Vivere la carità, cioè vivere quell’amore preciso, voluto dal Signore, è coinvolgimento nella storia dell’altro. Sappiamo benissimo che dare la monetina, e lo facciamo tutti noi, senza neanche guardare negli occhi la persona cui la do, è molto facile. È molto più difficile cercare di capire come aiutare l’altro! Non è solo l’elemosina! È l’attenzione al vicino di casa che ha bisogno di me, a una persona della mia famiglia; alla propria moglie, al marito. È l’attenzione che tante volte non ho verso l’altro.

La seconda colonna di questo cammino di Quaresima, lo sapete, è la preghiera. La preghiera è, tra virgolette, ciò che mi permette di mettermi in comunicazione con Dio. Come con i miei amici ho bisogno di sentirli, così non posso essere amico di Dio, se non lo ricerco. E come cercarlo se non nella preghiera? Dunque in questi quaranta giorni devo cercare, più degli altri momenti della mia vita, di ritornare al Signore, di ritrovare un tempo necessario alla preghiera: per il mio cammino personale, per la conversione del mio cuore. Ho bisogno di questo legame. Non possiamo dirci cristiani e poi non pregare mai. Sì, possiamo dirlo per cultura, forse per valori, ma non abbiamo incontrato Gesù risorto. La preghiera diventa qualcosa che nutre la mia anima.

E poi c’è il digiunare. Voi sapete che oggi eravamo invitati al digiuno. Voi sapete che mercoledì delle Ceneri e venerdì santo sono giorni particolari di digiuno, in cui ci è chiesto di saltare o il pranzo o la cena. Direte: perché? A che serve questo? Questo “salto” ci serve anche per renderci conto che non moriamo se non mangiamo una volta tanto! E che noi riempiamo continuamente la nostra vita perché abbiamo dei vuoti dentro, dei vuoti così forti che dobbiamo riempirli per nascondere questa solitudine, questa allontanamento, questo bisogno. Il digiuno che noi cercheremo di vivere invece, non sarà solo digiuno di cibo: sarà di tutto quello che ci schiavizza. E ce n’è tanto! Se penso ai ragazzi penso ai social ai cellulari: quanto siamo diventati schiavi di tutto questo! I social vogliono, sono affamati, hanno bisogno che tutti i giorni ci metti qualcosa, se no non esisti! Abbiamo bisogno a un certo momento di staccarci, abbiamo bisogno di renderci conto che siamo schiavi! E ce ne sono tante di schiavitù! Questo cammino ci deve aiutare anche a rendercene conto, a digiunare di tutte quelle cose che abbiamo messo per riempire la nostra vita; perché il vuoto esistenziale che abbiamo dentro lo dobbiamo, grazie a questo digiuno, sentire! Come oggi possiamo avere fame, domani dobbiamo avere fame di Dio! Ci dobbiamo rendere conto che abbiamo bisogno di lui, che abbiamo fame di lui!

Allora, ecco i pilastri della Quaresima: la carità, la preghiera e il digiuno. E per che cosa vogliamo fare questo? Per la conversione del nostro cuore. Cioè dare spazio a lui, girarsi verso il Signore, orientare la nostra vita verso di lui; perché in questo anno abbiamo perso un pò la strada e poco a poco ci siamo allontanati. Quindi questi quaranta giorni ci permettono di focalizzare di nuovo su quel nostro obiettivo, che è la Pasqua, che è la Resurrezione. Tutti noi siamo chiamati a questo.

Adesso faremo un gesto; quello di ricevere le Ceneri sulla nostra testa. Cosa significa? Cosa ci sentiremo dire? Che noi siamo polvere e polvere torneremo. Noi siamo niente senza Dio, siamo tanto grazie a lui. E tutto questo non avrebbe senso se non con la Resurrezione. Se no, se la morte è la fine di tutto, allora, mettendoti le Ceneri, ti sto dicendo che con la morte finirai nella terra e basta. Ma il Signore, invece, con la sua Resurrezione, ci chiama a qualcosa di grande. E la barriera della morte, che un giorno arriverà, forse domani, forse tra cinquant’anni, forse di più, sarà una pasqua per me, che significa passaggio. E allora, tutto quello che vivo oggi, domani e dopo domani, lo vivo per questo, per la Resurrezione! Per il Signore! E voglio convergere verso di lui il mio cuore. Amen

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