Sapendoci perdonati, sapremo amare
Oggi Giulia, che abbiamo accompagnato durante tutta questa Quaresima, deporrà davanti a noi la veste bianca. E verrà invitata, come abbiamo sentito all’inizio di questa celebrazione, a testimoniare questa luce che ha ricevuto nella sua vita, questa presenza di Cristo. Ora, il gesto, che sarà fatto da Giulia, siamo chiamati tutti a farlo: tutti noi siamo stati chiamati a testimoniare la presenza del Signore nella nostra vita. Tutti noi siamo chiamati a testimoniare che Cristo è risorto. Tutti noi siamo chiamati ad annunciare agli altri quello che abbiamo ricevuto e a vivere questo amore che abbiamo ricevuto nel Battesimo.
Ma, vedete, nel Vangelo di oggi, Tommaso non crede alle parole dei discepoli. Essi con gioia dicono: “Abbiamo visto il Signore!“ e a quella gioia Tommaso non crede.
È strano! Sono uomini che sono stati con Gesù per anni, e Tommaso non crede. Perché comunque tutti loro continuano a vivere come se non fossero con Cristo risorti. Continuano a chiudere la porta a chiave, lo dice proprio il Vangelo: “A porte chiuse per paura degli Ebrei”. Sono uomini ancora pieni di paura, che non vivono l’amore e la speranza cristiana che hanno ricevuto nel Battesimo.
Vedete quanta responsabilità abbiamo anche noi. Perché di Tommasi nella nostra vita ne incontriamo tanti; nella nostra città, nel nostro quartiere, nella nostra famiglia: quanti sono i Tommasi, gli increduli? E non sono tanto increduli perché non hanno incontrato il Signore; perché il problema è che non hanno incontrato i cristiani! Non hanno incontrato uomini e donne che abbiano saputo testimoniare la loro fede, ma non solo con parole, con la vita!
Il Vangelo si conclude dicendo: “Questi fatti sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome”. Credendo, abbiate la vita nel suo nome! E che vita noi viviamo? Questa vita nuova che abbiamo ricevuto dal Battesimo, come la stiamo vivendo? Cosa significa vivere la vita di Cristo?
La prima lettura ci parla dei primi anni all’origine della Chiesa, dei primi cristiani, che vivevano, ci dice la Scrittura, con cuore indiviso, dove non c’erano bisognosi, perché chi possedeva aiutava l’altro. E noi viviamo così? Il nostro paese, il nostro quartiere vive così?
La pandemia, purtroppo, con questo virus, che doveva unirci davanti a un avversario comune, ci ha invece divisi. Ci siamo tutti rinchiusi nel nostro egoismo, invece di aprirci al bisogno dell’altro. Il distanziamento sociale, richiesto dalle regole anti covid, è stato, purtroppo, non solo fisico, ma è diventato distanziamento anche del cuore e dello spirito. È grave questo! Perché in questi tempi particolari i cristiani non hanno dimostrato di essere migliori degli altri, non hanno dimostrato la vita nuova. Dov’è il nostro Battesimo? Dove sono le promesse del nostro Battesimo? Giulia in questo periodo ci ha permesso di ricordarci a quale nobile compito eravamo chiamati, a quale vita eravamo chiamati. Il fatto che venga a deporre la veste bianca oggi davanti a noi, dovrebbe far riflettere ciascuno di noi: dov’è la nostra veste bianca? Di quale macchia si è sporcata?
Il Signore, lo dice la seconda lettura, ha dato sangue e acqua. Non solo acqua, dice la Scrittura, ma anche sangue. Il Signore è morto per ciascuno di noi sulla croce; ed è risorto attraverso la croce. Non malgrado la croce, ma attraverso la croce! E che cos’è la croce, se non il segno dell’amore che il Signore ha voluto donare a ciascuno di noi? Un segno e un amore immeritato. Siamo tutti dei perdonati. E cosa abbiamo fatto di questo grande dono, di questo amore che il Signore gratuitamente ha dato a ciascuno di noi? Cosa ne abbiamo fatto? Come stiamo vivendo questo amore? Parliamo tanto di nuova vita dopo il Battesimo. Che cos’è la nuova vita se non l’amore ricevuto da Dio, e la speranza cristiana che dovrebbe abitare il cuore di ciascuno di noi?
Guardiamoci lealmente: e ci renderemo conto che non viviamo, ma che sopravviviamo. Abbiamo paura della morte fisica e ci dimentichiamo della morte dell’anima! Siamo tutti presi da questa paura immensa di perdere la vita, quando forse abbiamo già perso la nuova vita ricevuta dal Battesimo. Siamo lì, paurosi, dimenticando a cosa siamo stati chiamati.
È questo, cari amici, che noi dobbiamo testimoniare: la vita nuova! Altrimenti che cosa stiamo dando a questi ragazzi che so o qui riuniti? Quale educazione, quale stile di vita, quali parole usiamo per far crescere questi ragazzi e farli diventare un giorno gli adulti di domani? Il nostro mondo è fallito. Non abbiamo saputo dare a questi ragazzi un esempio giusto.
Ma il Signore ci insegna anche che ci possiamo convertire fino all’ultimo momento della nostra vita. In questa domenica, ottava di Pasqua, ancora una volta siamo qui per tornare a lui e per chiedergli di convertire il nostro cuore, di prendere coscienza della vita nuova, dell’amore e della speranza che abbiamo ricevuto. Ancora una volta dobbiamo prendere coscienza di quella chiamata che fa sì che un giorno saremo veri testimoni di Cristo.
Oggi è la domenica della divina Misericordia. Ricordiamoci che tutti noi abbiamo ricevuto questa misericordia. Perché solo sapendoci perdonati, forse, sapremo amare. Amen