L’apertura all’altro
Questo Vangelo, letto alla lettera, potrebbe fare paura. Invece vedrete che è molto bello.
Ecco che ci ritroviamo sempre con questi discepoli e tutti i loro difetti. Mentre i discepoli seguono il Signore, vedono uno che fa miracoli nel nome di Gesù, uno che però non è uno di loro. Allora subito vanno dal maestro, da Gesù, per dirgli: “Guarda che questo qua fa cose nel tuo nomee non è dei nostri!”. Gesù, tranquillamente, risponde : “Beh, basta che lo faccia ne nostro nome. Chi non è contro di noi, è con noi”.
Anche in questo caso ci sono divisioni tra i discepoli di Gesù. Gesù vuole creare la comunità, una comunità aperta; i discepoli invece pensano di dover fare un gruppo esclusivo. Uno è inclusivo, l’altro esclusivo.
Quello che viene detto dopo, in maniera molto dura, da Gesù, ci fa capire come dobbiamo vivere la nostra vita. Se le nostre mani non sono mani che benedicono, se le nostre mani non sono mani che vanno verso l’alto, mani che danno una carezza, allora quella mano non serve. Se i nostri predi non vanno verso l’alto, ma servono a scappare dall’alto, allora quel piede non mi serve. Se i nostri occhi non sono occhi che guardano con misericordia l’altro e vedono nell’altro un fratello, allora quegli occhi non servono.
Questa è una lezione immensa per la nostra comunità, perché noi dobbiamo lottare con la voglia prima di tutto di richiuderci su noi stessi, poi nel nostro piccolo gruppo, poi nella nostra piccola comunità e così via. Facciamo fatica ad aprirci verso l’altro. E forse l’altro non è esattamente come io vorrei che sia; ma devo andare verso di lui, devo scoprire l’altro. È quello che Gesù ci consente con questo Vangelo. Ed è quello che da anni cerco di portare avanti in questa comunità.
Apertura non significa giustificare tutto dell’altro. Benedetto XVI ha scritto una bellissima enciclica che si intitola: “Caritàs in veritàte“, carità nella verità: una cosa non sta senza l’altra. Ma prima di tutto c’è la volontà dell’incontro con l’altro. Ogni volta che ci chiudiamo in questa piccola vita, essa non porta niente in questo mondo egoista.
E anche questi bambini che oggi modo non chiuso, ma aperto. Un modo in cui è la persona a diventare importante, non solo la regola; perché altrimenti diventiamo come i farisei, che non volevano che Gesù potesse fare un miracolo di sabato, né potesse guarire una persona. Rischiamo la stessa cosa chiudendoci nelle nostre comunità.
L’apertura all’altro è l’invito che oggi il Signore ci dona. È questo cuore aperto che cambia il mondo.
Allora oggi pregheremo per questi bambini e li accoglieremo nella nostra grande famiglia cristiana. Ma come dovranno essere accompagnati? Sappiamo che i genitori sono i primi catechisti dei loro figli. E anche la riforma del catechismo che stiamo facendo deve puntare a questo: ridare ai genitori la centralità di questo dovere. Ma nello stesso tempo sappiamo che una famiglia non può essere lasciata sola. Sappiamo che Gesù ha voluto la Chiesa, cioè la comunità, sapendo benissimo che uno da solo fa fatica a camminare, ha bisogno degli altri per camminare. Noi come comunità dobbiamo accompagnare questi bambini a incontrare il senso della vita, che è Gesù Cristo . La nostra vita è lui. Ed è questo il segreto del nostro cammino: far scoprire a ogni persona che incontriamo che Cristo è la risposta alle nostre domande più profonde, la risposta a quello che guida la nostra vita: la ricerca della felicità, la ricerca di un amote vero e profondo. Solo in Cristo lo possiamo scoprire. E noi, come comunità, lo dobbiamo far scoprire agli altri. Per far questo dobbiamo per primi gustarlo e viverlo. Amen.