20 marzo 2022 terza domenica di Quaresima

L’albero senza frutti

Ci siamo lasciati la settimana scorsa sul monte Tabor: vi ricordate, c’era stata quella visione dei discepoli  Pietro, Giovanni e Giacomo che Gesù aveva preso con sé; erano saliti a pregare e lì vedono Gesù insieme a Mosè ed Elia. Ricordate questo momento della Trasfigurazione. E Pietro aveva detto: ”Facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè  e una per Elia, è così  bello, stiamo qua!“. E vi avevo detto: attenti, certo, ci vogliono questi momenti in cui ci isoliamo per pregate,  come Gesù faceva spesso,  andava in un luogo desertico o su un monte per pregare, per allontanarsi dalla vita quotidiana; e vi avevo detto che questo  è importante anche per noi, isolarci in alcuni momenti, trovare il luogo e il tempo per pregare. Però avevo anche detto che la nostra chiamata e di vivere nel mondo! Non siamo del mondo, ma siamo nel mondo! Ed è  lì che dobbiamo risplendere! Noi dobbiamo essere il sale della terra, la luce del mondo,  come chiede il Signore.  E allora la lettura di oggi, il Vangelo di oggi ci ricorda che cos’è questo mondo. 

Un mondo terribile, come lo vediamo se accendiamo la tv o ascoltiamo la radio: purtroppo la violenza,  le guerre ci sono sempre. Sembra che poche cose siano cambiate da duemila anni fa, all’epoca si Gesù.

E in quel tempo Gesù incontra taluni che gli chiedono se i Galilei,  che sono stati uccisi da Pilato, siano colpevoli in quanto peccatori e se sia per questo che Dio li ha puniti. E Gesù  dice “No, non è  a causa del loro peccato che sono morti”. E prende l’esempio anche di un’altra cosa che era successa, di una torre di Siloe che era caduta e diciotto persone erano morte. Era la cronaca locale. E anche lì dice: “Mica è colpa loro”. Non è  che loro portano il peccato o i peccati dei loro padri. Però  aggiunge: “Se non vi convertirete, vi succederà la stessa cosa”. Dunque risulta un po’ strana questa cosa qui.

Così Gesù ci ricorda una cosa essenziale nella nostra vita:  che certamente quel dolore, quella sofferenza, anche il dolore innocente, non è  volontà di Dio. Ma tanti mali e tanto dolore che c’è nel mondo è fatto dagli uomini,  è fatto da noi. Quell’egoismo che fa SI che metà del mondo vive nella povertà, quando qui invece abbiamo il problema di avere sovrapposto! Tante volte il nostro egoismo,  la nostra chiusura crea delle divisioni, anche nelle nostre famiglie. E queste divisioni, questo rancore esiste anche a livello delle nazioni, dei popoli, lo vediamo attualmente. Allora il Signore ci dice che non possiamo continuare a vivere così; noi cristiani non possiamo essere di quelli che aggiungono a questo dolore altro dolore,  a questo peccato altro peccato. Purtroppo l’uomo tante volte è chiuso, è schiavo di questo male, di questo peccato che sta lì in mezzo.

Se io concludessi il mio discorso con queste parole, usciremmo da qui un po’  tristi, dovremmo dirci: “Allora non c’è niente da fare,  da duemila anni siamo lì a dire che crediamo nel Signore,  ma poi niente cambia”… Però Gesù alla fina del nostro brano di Vangelo ci racconta una parabola, ci racconta una storia per far passare un messaggio. E parla di un tale che aveva piantato un  albero di fichi nella sua vigna. Ma quest’albero non dava frutto. Quindi torna, e poi a un certo momento dice al contadino: “Senti, io ogni volta vengo, voglio prendere un frutto da quest’albero e quest’albero non dà frutto.  Taglialo, che non serve a niente, che sta sfruttando il mio terreno, la mia terra!”. E il contadino dice: “No, aspetta ancora un po’, lasciami lavorare attorno, poi vediamo”. Quel contadino è  Gesù! È  Gesù che ancora una volta viene, che muore per noi, che ci dice: guarda, come quest’albero,  anche noi valiamo tanto , anche noi possiamo dare frutti! Forse adesso non ne stiano dando di frutti, forse adesso non siamo fecondi come dovremmo esse re; però il Signore per noi ha dato la sua vita! Ha considerato la nostra vita così importante che ha dato la sua per noi, è  morto per noi! Ed è  di questo dono che noi dobbiamo fare memoria ogni volta che siamo qui,  ricordarci che siamo amati così tanto che  lui ha dato la vita per noi!

C’è una citazione di Rilke che vorrei leggervi: “Ti ama davvero chi ti obbliga a diventare il meglio di ciò  che puoi diventare “. Chi ti spinge a fare il meglio, ad essere il meglio, ti ama realmente. Questo è  quello che, spero, i vostri genitori vogliono! Abbiamo festeggiato ieri i papà;  e oggi li benediremo i. Ecco, un papà  e una mamma vuole il meglio del figlio;  educa il figlio non perché  sia il migliore nel senso di schiacciare gli altri, ma che possa diventare il meglio di quello  che è chiamato ad essere! Ed è  quello che tutti noi siamo chiamati a fare per gli altri. Siamo chiamati a   vedere in loro il tesoro che sono, a vederli con gli occhi di Cristo,  che ci ha amati così tanto da dare la vita! Ed è questa la nostra chiamata: scoprire la meraviglia che è  l’altro; e aiutarlo a diveltarlo. Possiamo tutti essere capolavori.  I santi ne sono l’esempio.  E ognuno di noi è chiamato a questo.

Allora, vedete, il cammino di Quaresima è un cammino per cui siamo partiti dalle ceneri del nostro peccato per arrivare, alla notte di Pasqua, alla luce.  Anche noi siamo chiamati a essere luminosi e lo possiamo. Lo possiamo essere!

Allora chiediamo al Signore di accompagnarci in questo cammino e soprattutto chiediamo allo Spirito Santo di aprire il nostro cuore a  questo annuncio bello che ci fa alzare gli occhi verso Dio e verso il prossimo.  Amen

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