È veramente risorto! “Pace a voi”.
Si conclude oggi l’Ottava di Pasqua, che è un momento particolare per la Chiesa in cui ogni giorno si celebra come se fosse Pasqua: tutti i giorni della settimana abbiamo cantato il Gloria, tutti i giorni abbiamo cantato l’Alleluia. Era una lunga festività, un lungo festeggiamo per la Chiesa, tanta è l’importanza di questo giorno benedetto della Resurrezione del Signore. In questi otto giorni la Chiesa l’ ha celebrato, e noi stiamo seguendo cosa accade nel Vangelo, passo dopo passo, momento dopo momento, ora dopo ora; proprio come abbiamo fatto durante il triduo, in cui giovedì, venerdì e sabato vivevamo con Gesù: avevamo come rallentato il tempo per stare con lui.
Il Vangelo di oggi, come avete sentito, parla di Gesù che entra nella casa a porte chiuse e si fa vedere dai discepoli lì riuniti. Ma ne manca uno: Tommaso. Poi Tommaso, quando incontra gli altri discepoli tutti contenti, che gli dicono: ”Abbiamo visto il Signore“, cosa dice?“ Se noi vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo”.
Voi sapete che chi era torturato in croce aveva difficoltà a respirare e lo facevano morire con un colpi di lancia nel fianco. Oppure rompevano loro le gambe, così li facevano crollare bloccando loro il respiro e morivano. A Gesù non fu rotto nessun osso; era già morto, per questo ci fu solo un colpo di lancia nel fianco, per assicurarsi che fosse davvero morto. E sappiamo che da quella ferita uscì sangue e acqua.
Dunque Tommaso dice di voler toccare le ferite, perché non poteva credere che fosse veramente lui: era impossibile che un uomo messo a morte in quel modo fosse realmente vivo. “Se non vedo, non credo!”, dire Tommaso.
Cosa succede la settimana successiva, dopo otto giorni? Gli Ebrei contavano dal giorno precedente il primo della settimana; dopo otto giorni, la domenica, i discepoli sono di nuovo rinchiusi nel cenacolo e di nuovo si fa presente Gesù. Questa volta anche Tommaso è con loro. E Gesù gli dice: “Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco”. Ed è una bellissima risposta quella di Tommaso: “Il mio Signore e il mio Dio!“. Cioè Tommaso riconosce Gesù risorto come il Cristo, il Messia. E pronuncia la più bella professione di fede!
Ora, cerchiamo di capire cosa dice tutto questo a noi.
Tomaso è detto Didimo, che significa gemello. Aveva un fratello gemello, quindi era nato e vissuto sempre con il fratello, non stava mai da solo. Ora, giusto giusto quel giorno, non c’era. E succede una cosa molto importante per ciascuno di noi. Nella giovane Chiesa vivevano tutti insieme, mettevano le cose insieme, un po’ come vivono adesso le comunità religiose, quelli che fanno voto di povertà e condividono tutto. Questo cosa ci insegna? Cosa ci vuol dire la parola di Dio oggi? Che Cristo si fa vivo nella comunità. Tommaso incontra Cristo risorto non da solo, ma nella comunità dei fratelli. Tommaso non può vivere da solo, è Didimo, è gemello, lui è nato e cresciuto sempre con un fratello. Noi tutti siamo un po’ dei didimi, noi tutti, uomini e donne, abbiamo bisogno di un fratello, abbiamo bisogno di crescere con gli altri. La grande sofferenza che è stata il covid, quando siamo stati rintanati nelle nostre case, non era tanto di essere chiusi in casa; ma è stata l’impossibilità di parlare con gli altri, di cenare con gli altri, di uscire con gli altri, di stare insieme agli altri: è questo che ci ha fatto tanto soffrire. E quanta sofferenza per tanti di noi quando è morto un familiare senza la presenza dell’altro: è questo che ci ha fatto soffrire di più, per tutti noi; è stata questa la cosa peggiore che abbiamo potuto vedere e sentire. Noi abbiamo bisogno dell’altro! E nel nostro cammino di fede, è la stessa cosa, la stessa! Noi adesso abbiamo la tendenza all’individualismo; e questo si vede anche nella fede. Io mi faccio le mie devozioni, tutte le mie pratiche religiose, e poi basta, niente chiesa. Ma Gesù ha voluto una comunità e si rivela dentro la comunità. Ed è questo che noi dobbiamo cercare sempre più di costruire e di vivere insieme: la comunità, che diventa una grande famiglia fatta di famiglie. È la comunità che ti sostiene nel tuo cammino, è la comunità che ti rialza quando cadi, è la comunità che gioisce quando gioisci. È questa la bellezza della Chiesa! È questo che dobbiamo vivere sempre di più. E il nostro mondo individualista, egoista, si rende conto di quanta tristezza sia vivere così, è come alla ricerca di qualcosa: tutti noi siamo alla ricerca di questo.
Però la cosa bella è che siamo tutti pietre viventi di questo edificio. Ognuno di noi è necessario per costruire questo senso di comunità. Non è solo il parroco, non sono solo i sacerdoti: siamo tutti noi insieme che componiamo questa comunità bella. Ecco perché insisto tanto su questo. Perché è Cristo che ha voluto così.
Se non fosse così , Cristo avrebbe fatto la sua predicazione e non avrebbe scelto gli apostoli, non avrebbe avuto il seguito di discepoli, non avrebbe formato una comunità attorno a lui: sarebbe stato un grande predicatore all’americana, avrebbe detto le sue cose e basta. Ma non è questo che ha voluto Gesù. Ha voluto la Chiesa, ha voluto questa grande famiglia! Lui ha voluto comporre questa grande famiglia.
Certamente non è sempre bella la comunità. Non appare sempre magnifica la Chiesa. Sappiamo che ha anche i suoi difetti. La Chiesa ha i suoi limiti, sapete perché? Perché ciascuno di noi porta la sua ricchezza e porta anche i suoi limiti: allora è normale che anche la nostra comunità, come tutte le altre, abbia i suoi limiti. Guardate i discepoli: erano lì, rintanati, ma avevano paura. Erano chiusi. Stavano a porte chiuse, è ben precisato nel Vangelo. A porte chiuse Gesù si fa presente. E li manda: questi stessi discepoli poi andranno in giro ad annunciare il Vangelo. E proprio Tommaso si dice che abbia evangelizzato l’India, per esempio.
Ai nostri fratelli del Pakistan, grazie alla vostra generosità , vendendo le uova di Pasqua, abbiamo potuto dare tremilacinquecento euro, per sostenere la parrocchia, la scuola e il quartiere che lì si sta creando. Il Pakistan era parte dell’India, lo sapete, prima dell’indipendenza, non esisteva il Pakistan. Ebbene, si dice che Tutta questa regione sia stata evangelizzata proprio da san Tommaso. Tutti questi discepoli partono ed evangelizzano ovunque. Ed è bello pensare che quegli uomini che erano così paurosi, come li abbiamo visti nei giorni santi che scappavano, dopo, quando hanno incontrato Gesù risorto, hanno dato la vota. Quasi tutti sono stati martirizzati. Gli stessi uomini che prima avevano paura, hanno dato la vita per lui. Quindi, qualcosa è cambiato!
Cristo risorto si è fatto vivo in mezzo a noi. E Cristo risorto vuol essere vivo anche nelle nostre vite. Anche a noi dice: “Sono qua, io non vi abbandono, sono con voi. Non dovete rinchiudervi nella vostra piccola vita. Abbiate fede. Abbiate fiducia. Date! Date quell’amore che avete ricevuto dame, date! “. È assolutamente a questo che siamo chiamati, è questo che dobbiamo fare.
In questi giorni ho accompagnato il cardinale, con vescovi e alcuni sacerdoti in Albania, a incontrare la Chiesa di là: è incredibile quello che ha vissuto come persecuzione questo paese! Fino al 1990 non era possibile vivere la fede! Chiese e moschee distrutte! È stato un regime durissimo, un po’ come la Corea del nord oggi; ciascuno cercava di tenersi in contatto, per tenere viva la fede, nascondendo quello che potevano nascondere. E noi, che abbiamo questa facilità a vivere la nostra fede, cosa ne abbiamo fatto, cosa ne facciamo di questa libertà che abbiamo?
Allora apriamo le porte, non tanto delle nostre case, quanto dei nostri cuori! Apriamo la porta a questo annuncio: “Pace a voi” ci dice Cristo! Andate oltre le vostre paure, andate oltre le vostre timidezze! Vivete la vostra fede, vivete questo amore! Date le vostre mani, la vostra voce a questo annuncio grande! “Cristo è risorto, è veramente risorto!”, si dice in Oriente quando si fa l’annuncio di Pasqua. Allora io lo dico a voi ancora una volta: Cristo è risorto!
È veramente risorto!’