24 settembre 2023  XXV domenica del tempo ordinario

La vigna

Ecco, ci ritroviamo sempre con queste storie che ci parlano di pesca o di agricoltura. Oggi  siamo tra i vigneti. E incontriamo questo padrone, che esce in piazza per prendere a giornata uomini al lavoro. Ogni volta che passo in via Togliatti, vedo sempre, dopo un certo bar, degli uomini che aspettano, e penso sempre a questa parabola: sto parlando di manovali che si incontrano, per un lavoro a giornata. E quindi è  facile capire di cosa si tratta, lo possiamo vedere anche noi. Ci sono queste persone, questi uomini che aspettano di trovare lavoro a giornata, senza la sicurezza di essere chiamati. Il padrone della vigna, quasi ogni due ore, esce per andare a recuperare queste persone.

Ci chiediamo: ma serve veramente alla vigna che uno venga a mezzogiorno, o alle tre,  o persino alle cinque, per lavorare mezza giornata? Evidentemente no, non serve alla vigna. Quel padrone va, per aiutare quelle persone. La stessa cosa è  un po’  anche per noi: non è  che il Signore abbia bisogno di noi, la sua vigna può andare avanti senza di me, senza di voi; noi non siamo indispensabili.  Lo vediamo anche nei nostri servizi. Certe volte abbiamo l’impressione che senza di noi le cose non andranno avanti, ma poi, io, i giovani di questo quartiere se ne andranno: e la parrocchia, l’oratorio andrà avanti lo stesso. Noi non siamo indispensabili!  Ma certamente il Signore ci ha chiamato.

Sì,  certamente questo padrone della vigna ci ha chiamati, altrimenti non saremmo qua. Noi abbiamo sentito che qui c’è  qualcosa che ci parla, abbiamo sentito che qui qualcosa un senso ce lo dà: è per questo che siamo qui.  Se no molti di voi sarebbero a letto a dormire, o a fare una bella colazione, o ad andare a correre, o non so. Ma siamo qui,  attorno alla Parola, attorno all’Eucarestia: qui sentiamo che qualcosa è  detto per noi, per il nostro cammino di vita. Ecco, come questo padrone va e chiama, anche noi siamo stati chiamati, a un certo momento della nostra vita; forse qualcuno all’inizio,  qualcun altro un po’ più tardi, altri molto tardi, ma tutti ci ritroviamo qua.

E allora,  secondo voi, sarebbe giusto che qualcuno, arrivato da poco in questa comunità, sia trattato diversamente da un altro che è qui da sempre?

Certo, umanamente sembra ingiusto quello che abbiamo sentito nella parabola del Vangelo, perché umanamente dovrei darti quello che meriti. E noi riguardo alla fede la pensiamo alla stessa maniera: pensiamo di dover fare le cose perché così andiamo in  Paradiso o perché gli altri ci dicano che siamo bravi. Certe volte ci obblighiamo a fare le cose, ma le facciamo perché ormai siamo nel sistema; e perché: cosa diranno gli altri se vado a messa o se non ci vado? Ma, vedere, questo padrone non ragiona così. 

Lui si era messo d’accordo  con i primi per un denaro al giorno, e glielo dà; è agli altri, venuti dopo, dà  la stessa cosa. Perché? Perché qui non stiamo parlando di soldi: stiamo parlando di amore! E all’amore non interessa la giustizia, l’amore è  sempre un in più! Se amo, amo. E questo Dio vuole per noi il meglio. E, nel momento in cui io scopro il meglio, so no felice e non vado a  contabilizzare quanto nel passato ho capito, o quando mi sono convertito: non interessa questo. Una mamma, un papà vogliono il meglio per i loro figli e, nel momento in cui questi figli vanno via, avranno tutto l’amore,  sempre, non c’è bisogno di contabilizzare. È  così

Noi dobbiamo uscir fuori dalle nostre logiche finanziarie, dal voler fare i conti! Persino la fede la viviamo così,  certe volte, contiamo: invece la fede è  scoprire l’amore, è scoprire che siamo amati. Scoprire che un amore così grande io lo devo vivere pienamente. E, come io scopro di essere amato, questo mi dà modo di amare gli altri: lo devo fare. Finché questo non l’ho scoperto, finché questo non lo vivo, sono chiamato alla conversione: ad aprire questo cuore, perché vuol dire che c’è ancora qualcosa che resiste. Quante volte noi resistiamo, quante volte noi ci dimentichiamo dell’altro perché pensiamo a noi stessi: tan te volte! Ora, amare, ce lo dice il Signore, è donare.

Donare non significa togliere qualcosa a qualcuno: il denaro che col padrone aveva pattuito il lavorante, lui quel denaro lo riceve; quindi, come  il  padrone sottolinea, a te non è  tolto niente! Ma quel padrone aggiunge che può dare del suo quello che vuole.  Ecco, l’amore è così: non togli niente, anzi, ne puoi dare sempre di più.  Questa è  la bellezza della nostra vita.  Non togli niente a nessuno, l’amore è  un di più,  sempre un di più! 

Dunque è  bello, a settembre, un Vangelo che ci ricorda il senso della nostra vita,  il senso della fede,  il senso della nostra chiamata.  Noi siamo chiamati ad amare, siamo chiamati a riscoprire questo amare! Siamo chiamati a donare pienamente!

Ecco, il padrone della vigna è  già passato da noi e siamo fortunati a essere qui, ad avere incontrato questa persona, questo sguardo, quel richiamo che ci ha condotti qui. Non lo so, io, come avete incontrato Cristo, per me sono stati i miei nonni, per altri non so; ognuno ha una storia particolare, in un momento della sua vita, grazie a delle persone, grazie a una testimonianza, a una parola detta così,  c’è sempre qualcosa e qualcuno che ha permesso a Dio di entrare nella tua vita.

Anche noi siamo chiamati  dal padrone della vigna ad andare in giro e far capire chi è questo padrone e a dire quanto è  bello entrare nella sua vigna. Tutti noi siamo i lavoratori che, a loro volta, ne chiamano altri: “Vieni a lavorare con noi, è  così bello! Vieni a vedere questa vigna, è  così  bella”!

Ma certamente siamo soprattutto chiamati ad accogliere. Non possiamo fare come i lavoratori della prima ora, che guardano dall’alto in basso quelli che arrivano tardi. Se vogliamo stare nella vigna, dobbiamo essere felici di anche anche gli altri, come il padrone, come Dio, nostro Padre..

Allora oggi, su questo altare mettiamo la nostra vita, mettiamo l’amore per gli altri. Cerchiamo veramente  di riempire la nostra vita di questo amore necessario, non necessario per gli altri, ma per noi, semplicemente perché questa è  la ricetta della felicità.  Tutti noi vogliamo la felicità.  Amen

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