John, Francesca e Giovanni Battista
Di nuovo abbiamo davanti agli occhi la figura di Giovanni Battista. Questa volta con una domanda:
“Chi sei tu?”.
Questa domanda fatta a Giovanni Battista potrebbe essere fatta a ciascuno di noi. Chi sei tu? E, vedete, è interessante come risponde Giovanni Battista, perché non è una affermazione la sua risposta. Giovanni non si afferma, come spesso succede nel nostro mondo. Lui dice:
“Non sono il Cristo “.
“Sei profeta?”,
“No”.
Lui ha messo sopra di sé qualcun altro.
E questo è il cammino per ogni cristiano. Ed è il cammino anche di una coppia. Perché, se in una unione, io credo di dover affermare me stesso, le cose non funzionano.
Voi oggi vi sposate davanti a questo crocefisso, che è simbolo dell’amore di Dio. Dio si fa uomo, Dio soffre con noi e Dio si dona. E ci fa capire che vivere significa amare e amare significa donarsi.
Io non sono nel mondo per affermare il mio ego.
Dall’inizio noi facciamo un cammino, in questo Avvento in cui abbiamo ripetuto tante volte che Dio si propone in una mangiatoia: Dio viene non da onnipotente, ma come un bambino, piccolo, fragile. E questa fragilità, questa piccolezza noi non la possiamo vedere, se pensiamo di dover affermare noi stessi. Questa è la regola fondamentale del matrimonio e del cristianesimo, è la regola del nostro essere uomini.
Come facciamo noi ad accogliere l’altro, se pensiamo di mettere al centro della nostra vita noi stessi? Come possiamo amare, se mettiamo al centro delle nostre preoccupazioni noi stessi? Come pensiamo di vivere con l’altro, se mettiamo al centro della nostra vita noi stessi?
Mettere al centro il nostro ego non ci dà felicità. E tutti noi la vogliamo questa felicità, tutti noi vogliamo questa gioia profonda. Ma il segreto è il dono.
E noi lo vediamo in una coppia, oggi, attraverso John e Francesca, che davanti a noi dicono di volersi donare per tutta la vita. Essi si stanno giocando la loro libertà, si stanno giocando il loro amore, la loro vita, lo vogliono fare insieme!
Insieme! Perché da soli, lo sappiamo, non si va da nessuna parte. In tutto. Tutto quello che facciamo, il nostro modo di condividere il mondo, non può funzionare in solitudine. Noi stessi abbiamo bisogno dell’altro. E più ci chiudiamo, più siamo infelici.
Per capirlo, basterebbe viaggiare, andare in giro per altre zone della terra. Io non conosco il paese di John, ma conosco altri paesi, è mi sono reso conto che là dove ci sono meno soldi, c’è più accoglienza. Nei paesi dove non hanno nulla, c’è più senso dell’accoglienza, ci si aprono più le braccia, ci si invita. Noi invece abbiamo messo le porte blindate e con questo abbiamo chiuso anche il nostro cuore.
Oggi, attraverso questa domenica, il Signore ci chiede di capire: di riscoprire qual è il senso della gioia, di non mettersi più al centro della nostra vita; di riscoprire il voler amare, il voler accogliere, perché è proprio in questo è la vera gioia.
Vedete, nella prima lettura ci viene ricordato: “Lo Spirito del Signore Dio è su di me, perché il Signore mi ha consacrato con l’unzione”.
All’inizio della messa, all’inizio di questa messa di matrimonio, abbiamo fatto memoria del Battesimo, attraverso le statue: quel giorno abbiamo ricevuto l’unzione, quel giorno abbiamo ricevuto l’amore di Dio che ci ha resi figli, quel giorno abbiamo ricevuto la grazia; e l’abbiamo detto, anche l’8 dicembre, festa di Maria Immacolata: “Ave Maria piena di grazia”. Ma lo possiamo dire a ciascuno di noi! Perché tutti noi abbiamo ricevuto la grazia! E continuiamo a riceverla ogni volta nei sacramenti.
Oggi, in questo sacramento, John e Francesca non si giocano solo la vita, ma diventano testimoni della luce, come Giovanni; testimoni dell’amore sponsale di Gesù con la sua Chiesa.
La Chiesa non e il Vaticano, la Chiesa è il popolo di Dio, la Chiesa siete voi è sono io, la Chiesa siamo noi. E tutti noi abbiamo ricevuto questa grazia. E ce la dobbiamo giocare, non soffocare.
Allora noi, oggi, dobbiamo ringraziare questa giovane coppia perché, attraverso di loro, chi è sposato fa memoria della sua chiamata, della sua sua vocazione; chi non lo è ricorda la propria vocazione, perché ogni vocazione, ogni chiamata alla vita è una chiamata al dono. Quindi: grazie per quello che fate oggi.
E concludo con le parole di San Paolo: “Non spegnete lo Spirito, non disprezzare le profezie“. La vostra vita può essere una profezia, se saprete vivere questo amo re che il Signore ci ha donato. Amen