26 maggio 2024 santissima Trinità

Ecco, io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo

Si è  concluso con la Pentecoste, settimana scorsa, il tempo di Pasqua.  E oggi siamo nel tempo ordinario. Ma in questo tempo ordinario ci sono alcune feste, e una è quella che festeggiamo oggi: la solennità della santissima Trinità.

Voi sapete che il nostro Dio è uno e trino: Padre, Figlio e Spirito Santo. Ora non siamo qui per iniziare una lezione di teologia  che ci faccia capire cosa sia la Trinità. Del resto noi facciamo per un anno intero dei corsi sulla Trinità.  Ma oggi ci interessa quello che ci rivelano le letture che abbiamo sentito.

La prima lettura ci dice che il nostro Dio è un Dio fedele; un Dio che c’è sempre stato per noi. “Mose parla al popolo dicendo: Dal giorno in cui Dio creò l’uomo sulla terra, vi fu mai cosa grande come questa? Che cioè  un popolo abbia udito la voce di Dio parlare dal fuoco, come l’hai udita tu?”.

Dio si è fatto presente nella nostra vita! Vediamo là fedeltà dell’amore di Dio per ciascuno di noi! E il Vangelo conclude, come avete ascoltato: “Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo “.

Alla base di tutta questa relazione con Dio, c’è questa grande fedeltà del suo amore per ciascuno di noi.

Ma come si manifesta questo amore? Che cosa significa questa Trinità che ci ama, questo Dio uno e trino che ci ama? Dio ci ama come sa amare.

Abbiamo detto che Dio è uno e trino in tre persone: e  l’amore è questa comunione di queste tre persone. E noi siamo inseriti in questo! Nel Vangelo Gesù dice: “Andate dunque è fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo“.

Questa parole “battezzare” sappiamo cosa significa? Significa immergere. Gesù sta dicendo: immergeteli nel Padre, nel Figlio e nello Spirito Santo. Questo è  quello che noi cristiani dobbiamo fare: immergersi è immergere nell’amore di Dio, Padre, Figlio e Spirito Santo. 

Non ci sta dicendo: dovete fare così; non ci sta dicendo: rispondete a questi ordini; non ci sta dicendo: ecco le regole, se volete essere cristiani,  dovete applicarle, no! Ci dice: “Immergeteli nel Padre,  nel Figlio  e nello Spirito Santo “.  

Questa dovrebbe essere anche la nostra missione qui, in chiesa e  anche   quello che dovremmo fare con i nostri bambini.  La catechesi non è un imparare delle regole: è  immergersi nella vita di Dio. Proprio come avviene nel Battesimo.  Ed è così in tutta la nostra vita: è immergersi in questo amore!  È  importante capire questo.  Noi viviamo questo amore immerso dentro la nostra vita: è lì che abbiamo ricevuto la vita di Dio, è lì  che siamo stati immersi. E quando siamo immersi in quella vita, in quell’amore, allora possiamo dire quello che abbiamo sentito nella seconda lettura : “Lo Spirito che voi avete ricevuto non è uno spirito da schiavi,  ma è  lo Spirito che rende figli adottivi”. L’amore che noi siamo chiamati a vivere non è un rispettare degli obblighi: essere cristiano non è quello! È immergersi nell’amore di Dio e riconoscere che noi siamo figli.  “Infatti, dice Paolo, “per mezzo  dello Spirito gridiamo: Abbà Padre”. Abbà, Papà.  Quello che ci lega è  questo amore filiale. Quello che ci lega fra di noi è il fatto di essere fratelli, non  fratelli di umanità, ma fratelli in Cristo.  Abbiamo ricevuto questo Spirito di adozione, abbiamo ricevuto questo amore, ed è  questo amore che noi viviamo e possiamo giocarci. Questo amore che abbiamo ricevuto, la comunione che siamo chiamati a vivere è  a immagine di Dio, che è comunione: del Padre, del Figlio e dello Spirito.  È  questo che noi dobbiamo vivere: la comunione di cui parliamo tanto nelle nostre assemblee è  questa.

E la vita di comunione, la vita di comunità,  come si vive? Prima di tutto qui, davanti all’altare,  celebrando insieme. Non è  che io celebro e  voi guardate, è un vivere insieme la celebrazione. Voi rispondete alle preghiere che io faccio, ed è  per questo che è importante esserne coscienti, sentirlo, non è un rispondere meccanicamente, ma partecipando a un popolo! Noi viviamo insieme questa celebrazione. È per questo che cantate: cantare, dice Sant’Agostino, è  pregare due volte. Il canto aiuta l’anima a portarla su, aiuta l’anima a pregare.  Vivere la comunità è,  prima di tutto,  vivere insieme la liturgia.  Questo è il primo luogo, questa è la prima catechesi: vivere la liturgia insieme,  come ci ha detto il Signore: radunarsi,  spezzare il pane in chiesa. Il memoriale: memoria di un fatto reso presente. All’inizio  le prima comunità cristiane si ritrovavano a pregare così .

Ma la vita di fede, la vita comunitaria, questo amore che è comunione non si può vivere solo qui, si vive anche portando questo messaggio all’esterno: ecco come nasce poi il catechismo, le catechesi, la formazione dei gruppi. Non si può  vivere l’amore solo intellettualmente: l’amore si fa servizio. Ecco come nasce la carità.  Ma quella caritas parrocchiale dovrebbe essere vissuta da tutti, non solo da un gruppetto di persone che si mettono al servizio, tutti dovremmo vivere  la carità parrocchiale. Tutti dovremmo mettere il poco che siamo,  il poco tempo che abbiamo,  al servizio dell’altro!

E la comunione,  la comunità si vive anche nei momenti di festa! Lo vedremo sabato prossimo,  anche lì un momento per gioire insieme!

Ma noi ci raduniamo e preghiamo insieme anche nei momenti di dolore, di sofferenza.  Infatti alla preghiera dei fedeli ricordiamo sempre i malati e i defunti. Vedete che nella comunità vivere questo amore, fare comunione ha tutti questi aspetti e tutti li dobbiamo vivere in comunione, non una cosa. Non posso vivere da cristiano la comunità venendo solo a messa la domenica  e fermarmi a questo. O, peggio ancora, venire ad assistere da spettatore, andando via magari prima del canto finale, perché ho delle cose da fare: no! Là comunità si vive pienamente, l’amore che abbiamo ricevuto si vive pienamente in tutti i suoi aspetti. Tutti noi dovremmo essere al servizio di questa comunità.  Il quartiere cambierebbe, se ognuno di noi  desse anche un poco, il molto poco che ciascuno può dare.  Ma io vedo che proprio chi dà tanto qui, dà  anche tanto fuori e chi da poco qui, è  anche chi dà   poco fuori,  pochissimo. Così,  meno faccio nella mia vita, meno do anche il mio tempo in chiesa.  Più  mi affaccio fuori, più sono servizievole, più sono servizievole anche nella mia comunità . È un fatto concreto che ho visto in tutti questi anni.

Allora noi, veramente,  chiediamo al Signore  di riversare nel nostro cuore questo spirito di figli,  che ci fa tutti fratelli,  che ci dia la voglia grande di vivere pienamente,  al cento per cento,  questo amore,  questa comunione all’immagine di Dio,  Padre, Figlio è Spirito Santo. Amen

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