Tu chi dici che io sia?
Tutto deve partire da una domanda fondamentale. Il Signore, attraverso la lettura di oggi, ci mette al centro la domanda fondamentale per la nostra vita di fede. Ognuno di noi deve un giorno della sua vita rispondere a quella domanda: “È tu chi dici che io sia?”..
È fondamentale perché noi nel nostro cammino di fede dobbiamo passare da una fede che abbiamo ricevuto a una fede che ci appartiene, che è nostra.
La prima domanda chiede: “Che cosa dice la gente di me?” Quindi: che cosa avete sentito su di me? Tutto quello che abbiamo sentito nella nostra vita succede nella nostra vita quando riceviamo la fede dai nostri genitori, dai nostri nonni , al catechismo: lì ci viene insegnato, raccontato qualcosa di Gesù.
Ma la seconda domanda che Gesù fa ai Suoi disc*epoli è: ”Cosa tu dici di me?” Cosa tu dici di me? Ed è questa domanda che è fondamentale. Cosa io dico e penso che sia il Signore.
Io mi devo fare quella domanda a me. Se io non ho mai risposto a questa domanda, se io non mi sono mai posto questa domanda, io vivo solo una fede che è solo quella che ho ricevuto, senza che essa passi in tutto il mio essere, senza che sia mia la risposta. Questo vuol dire che non ho ancora fatto un certo passo: la fede deve essere qualcosa che abbiamo dentro! Qualcosa tale che non possiamo viverci senza!
Solo così, poi, ogni momento, ogni nostro ricominciare, è bello perché ha la passione dentro di voler far conoscere Cristo! Qquel Cristo che ti ha cambiato la vita.
Ma per cambiarti la vita te lo devi fare tuo. Devi appartenerti. Devi essere dentro di te.
Vedete, oggi sono accompagnato da don Raul; e più volte, quando lui mi racconta quello che ha vissuto in Nicaragua, mi sono venute le lacrime agli occhi. Perché loro stanno soffrendo per quello che sono: cristiani, preti. Vengono incarcerati, come hanno fatto anche a lui per diversi mesi. Perché questo ragazzo non ha firmato il foglio che gli è stato chiesto di filare, dicendo di eliminare quello che era il suo Vescovo, di eliminare quello che diceva il suo Vescovo? Perché non l’ha voluto fare? Perché sapeva che lì c’era la verità! Non si può rinnegare quello che è la verità, non puoi rinnegare Cristo dal momento che fa parte della tua vita. Cosi Raul ha preferito rimanere in carcere che firmare quel pezzo di carta. Quello che ha dentro è qualcosa di più grande e di più forte.
E io sono felice perché quest’anno avremo dei fortissimi testimoni di fede nella nostra comunità. Avremo don Raul del Nicaragua, avremo don Emmanuel del Pakistan; sono luoghi dove i cristiani hanno gravissime difficoltà a vivere le loro fede. In un mondo come il nostro, in questa società dove viviamo una fede borghese, che va bene finché non mi stanca troppo, ma poi fa presto a essere troppo, è bello avere questi testimoni che ci ricordano che Cristo è e deve essere parte di me. Ecco perché abbiamo sentito nella seconda lettura “la fede senza le opere, che cos’è?” Quella fede che io ho ricevuto deve poi quasi entrare nel mio sangue, deve alimentare tutto il mio corpo, deve alimentare la mia vista, le miei parole, le miei mani. Cioè quella fede deve incarnarsi! Noi non crediamo in un cristianesimo spirituale che come tale viene vissuto, quante volte ve l’ho detto! Ricordiamoci che Dio si è incarnato in Gesù Cristo; la nostra fede è carne, non è solo spirito, è anche carne. Si è fatto presente in mezzo a noi, ha sofferto, è stato in mezzo al nostro peccato; lui non è stato toccato dal peccato, ma si è messo in mezzo, ha toccato con mano, ha sofferto per causa nostra. Chi l’ha messo sulla croce? Dio? Sono gli uomini che l’hanno messo lì, sulla croce.
Lui, uomo che potete dire perfetto, vi rendete conto? Perché per noi uomini, avere questa persona davanti, è come avere davanti uno specchio, che ci fa fa capire tutti i nostri difetti. Guardando a lui ci rendiamo conto di quanto abbiamo bisogno di camminare, e qualcuno allora ha una reazione contraria. Noi invece, dobbiamo avere l’umiltà di riconoscere che abbiamo bisogno di camminare, abbiamo bisogno di lui, abbiamo bisogno di volerlo seguire, abbiamo bisogno di essere le sue mani, la sua bocca, i suoi occhi.
Il Signore ha bisogno di ognuno di noi. Ecco che cos’è la fede incarnata. Per questo, per poter incarnare la fede, devo rispondere alla prima domanda: “Chi è Gesù, per me?”. Questa è la domanda fondamentale. E se noi iniziamo l’anno prendendoci il tempo di riflettere su questo, vedrete che il nostro cammino di fede sarà diverso.
Forse per me non è ancora il Messia. Forse non risponde a tutto quello che sono le mie domande, i miei bisogni. Forse devo ancora camminare.
Ci sono momenti, luoghi di aiuto a questo; e questa parola te li darà e te li dà per poter fare questo cammino. O forse invece sì, io so già benissimo che il Signore è la mia vita, che ha cambiato il corso della mia vita, che è lui che dà senso alla mia vita. Allora quella fede lì, la devo concretizzare. Mi devo mettere al servizio di questo. Mi devo mettere al servizio di questo Dio che si è fatto uomo in mezzo a noi. Mi devo mettere al suo servizio perché io non posso stare a guardare.
Ci devo essere dentro. Vedete quanto è bello questo vangelo! Perché all’inizio di questo nostro anno ci dà una prospettiva, ci permette di capire che ognuno di noi è chiamato a camminare, a mettersi a camminare. E noi lo facciamo; non da soli.
Anche questo è la bellezza della comunità cristiana. Questo cammino lo facciamo insieme. Un essere insieme in cui, quando qualcuno cade, gli altri sono accanto a lui per rialzarlo.
Camminiamo tutti insieme, dove la gioia di uno è la gioia di tutti e dove la sofferenza di uno è la sofferenza di tutti. Ed è bello così. Il Signore ha voluto una grande famiglia che è la Chiesa, ha voluto una grande famiglia che sono questi discepoli. E noi, in comunione, tutti insieme, vogliamo camminare dietro a lui.
E quindi è bello poter iniziare con queste parole di Gesù che ci chiamano a camminare insieme a lui.
Amen.