Ecco Gesù che cammina con i suoi discepoli in mezzo alla folla e, in mezzo a questa folla, sulla strada c’è un medicante.
È un uomo che ha un nome, una famiglia: si chiama Bartimèo, figlio di Timèo. Non è un passante anonimo: il Vangelo gli dà un nome, gli dà una famiglia, una parentela, gli dà una storia, gli dà un’identità.
Quante volte per noi queste persone sono invisibili, non le guardiamo neanche! Qualche volta notiamo forse una faccia amica, ma sono gli invisibili che percorrono le vie in questo tempo. Quel povero sente che Gesù sta arrivando e grida: “Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!”. E cosa succede nella folla, in quella gente che segue Gesù, in quella comunità, la prima comunità cristiana? Che succede attorno a Gesù? Le persone vicine a Gesù chiedono al cieco di tacere, di stare al suo posto, di rimanere invisibile. È il problema di tante nostre comunità cristiane, in cui noi non vogliamo essere disturbati, in cui l’importante è star bene, comodi, lì, dentro una comunità che conosciamo, nel nostro gruppo parrocchiale che conosciamo bene, con le persone che conosciamo; anche se neanche sappiamo bene i nomi degli altri, ma li abbiamo visti tante volte, li abbiamo visti sempre li. Nessuno ci deve disturbare.
La povertà, le difficoltà di questo mondo non devono toccare questa comunità tranquilla e serena con il suo buon Gesù, che ci rassicura in pensieri più buoni e più belli. Ma oggi Gesù ci dice che questo non è cristianesimo, questo non è quello che ci chiede Gesù. Quell’uomo grida a Gesù, in quel luogo, e lui lo sente! Quell’uomo invisibile ha un volto, ha un nome, è una persona e Gesù sente questo grido e chiede a quella folla, a quei discepoli, a quella comunità cristiana di chiamarlo. Non lo fa lui direttamente: chiede a quei primi cristiani, a quella comunità di andare. Andare da lui. È la nostra vocazione!
Come comunità cristiana siamo chiamati ad andare a dire che Gesù chiama! Ti chiama!
Ogni uomo in questo mondo è chiamato. Gesù chiama, Gesù vede la sofferenza e anche noi dovremmo vederla, questa sofferenza, questo dolore, questi problemi. Non possiamo credere che dobbiamo solo vivere guardando il cielo! Perché Dio si è fatto carne, Dio si è fatto uomo, Dio è sceso nel nostro peccato, nel nostro dolore, nella nostra vita umana, ha preso carne, non è solo Spirito! Ha preso carne e noi dobbiamo prendere carne, la nostra spiritualità deve prendere carne, deve incarnarsi! È importantissimo.
Noi non siamo qui per perdere tempo in attività improduttive e futili, per discutere su questioni irrilevanti, lontane da realtà ben più serie e concrete: , il Signore vuole la vita, vuole donare la vita e chiede a noi di dare vita!
Ci chiede di donare la vita, di aprirci al prossimo. Perciò manda quella gente che lo circonda, questa comunità e dice: “Chiamatelo!” e allora loro vanno; e gli dicono: “Coraggio, alzati, ti chiama!”.
È un invito meraviglioso questo: coraggio, alzati, ti chiama. Coraggio, coraggio perché ce ne vuole del coraggio per alzarsi, per riprendersi; ci vuole coraggio per seguire il Signore! Ci vuole coraggio per seguire la croce, ci vuole coraggio per vedere gli altri, ci vuole coraggio per renderci conto del dolore degli altri; ci vuole coraggio per mettersi all’ascolto degli altri, ci vuole coraggio quando ci si deve sporcare le mani. Ci vuole coraggio nella vita cristiana! Alzati, ti metto in piedi, ti faccio alzare: coraggio, ce la puoi fare, non chiuderti, non abbatterti, hai la vita, alzati! Ti chiama, ti chiama!
Abbiamo tutti una vocazione. È bello pensare che siamo chiamati, come lo è oggi questa bambina, come lo siamo sempre stati noi, siamo chiamati, abbiamo una vocazione, abbiamo un senso nella nostra vita, ed è bello pensare che questi padrini e questi genitori dovranno accompagnare questa bambina per farli capire che anche lei è chiamata da lui, che anche lei sarà una delle figlie di Dio! E che dovrà portare quella luce, che dovrà chiamare l’altro, che dovrà vedere l’invisibile; che dovrà amare, che dovrà sporcarsi le mani, che la vita è bella quando è così, quando la doni: quando la doni, quando la vivi la vita! Se non sai donare la vita, se vivi da egoista, se tutto quello che fai gira attorno a te stesso, allora muori nel sonno, non hai la felicità.
Se io dovessi chiedere a questi genitori: che cosa volete per questa bambina? Noi vogliamo la felicità! Vogliono che questa bambina sia felice. Ma per essere felice devi donare. Devi donare quell’amore che hai ricevuto, quell’amore che lei adesso riceverà nel Battesimo. È l’amore che riceve nella vita nuova; e quell’amore se lo dovrà giocare, lo dovrà donare! Non credere, bambina, di tenertelo per te! Perché quando lo tieni per te, muore, proprio come la fiammella che adesso, i padrini avranno in mano. Se non hanno l’ossigeno e li lasciamo così, la fiammella muore. È così, perché l’amore che abbiamo da Dio nel nostro cuore, quell”amore lo dobbiamo donare perché viva sempre di più.
Chiediamo veramente al Signore di dare a questa comunità la forza di aprirsi, il coraggio di seguire, e di accompagnare questa bambina, questa famiglia che si avvicina a noi, chiedendo il Battesimo per lei. Lei adesso verrà immersa nella grazia di Dio. Muore al peccato con Cristo, per risorgere con lui a vita nuova. Ricordiamoci che anche noi, come lei, siamo risorti a vita nuova, e che noi, come lei, siamo chiamati a donare questa vita nuova a tutti. Amen