15 dicembre 2024  Domenica “Gaudete!” terza di Avvento

Siate lieti! Il Signore è vicino

Fratelli, siate sempre lieti nel Signore. Ve lo ripeto, siate lieti! Il Signore è vicino”.
È l’invito che ci fa san Paolo, oggi, nella sua lettera ai Filippesi.

E dà un po’ il senso di tutta questa domenica, che è la domenica gaudete, ciòè la domenica in cui anche i colori liturgici per un giorno cambiano, proprio per ricordarci che è vicina una grande gioia: i Signore sta per arrivare, lo festeggeremo insieme, ma non festeggeremo perché ci sono i regali, festeggeremo perché il Signore viene.

C’è una domanda che fa la gente a Giovanni Battista, la nuova figura che   ci accompagna in questo cammino di Avvento. Gli viene chiesto da tutti così: “Cosa dobbiamo fare?”.

Cosa dobbiamo fare?. Forse anche noi ci poniamo  più volte questa domanda. Cosa dobbiamo fare per essere felici? Perché, in fondo, questa è la domanda che tutti noi abbiamo nel cuore. Quando ho incontrato i genitori e i bambini nel primo anno di catechismo, noi chiediamo sempre: cosa volete per i vostri figli? E la risposta principale è stata ogni volta: la felicità.

Chi di noi non vuole la felicità? Chi di noi vive per soffrire? Nessuno, credo.

Purtroppo la sofferenza viene, però tutti noi desideriamo la felicità. Quindi questa domanda che viene fatta a Giovanni: “cosa dobbiamo fare?” in fondo ha questo sottinteso: Cosa dobbiamo fare per essere felici? E sapete qual è la risposta di Giovanni? Condividete, rispettate l’altro, state attenti alla persona che avete di fronte. Non si può essere felici pensando di vivere solo per se stessi. Non si è mai felici quando si è egoisti. Non si è mai      felici quando si è  ripiegati sul proprio  ombelico.

Noi siamo chiamati a condividere una cosa: l’amore.

E la cosa meravigliosa, lo dico subito, è che più condividi amore, p più  ne hai. Una cosa strana, ma è così. Non è come i soldi che, se li dai, poi non c’è più niente; io lo so bene, anch’io  pago le bollette! Con l’amore non è  così. Più lo condividi, più ne hai. Ed è questa la vera linea della nostra vita. Ed è questo il senso della nostra vita. Ed è questo che ci porta alla felicità.

Ma quest’amore, quando lo abbiamo ricevuto? Lo diciamo sempre: l’abbiamo ricevuto nel nostro Battesimo. È lì che per la prima volta il Signore è entrato nella nostra vita e ci ha dato in mano quest’amore. “Grazia su grazia abbiamo ricevuto” dal Battesimo. È quell’amore lì che dobbiamo offrire.

È quell’amore lì che dobbiamo giocarci. È quell’amore lì che noi desideriamo con tutto il cuore. Anche chi non se ne rende conto, sta cercando un amore immenso.

Vedete? Giovanni fa capire questo alle persone che vengono. Il Vangelo di oggi non si conclude con la esortazione di condividere e di essere  giusti, di rispettate gli altri, perché questa è una cosa molto umana che dobbiamo fare.

Ma poi dice: guardate, io non sono il Messia. Ma sta venendo! E lo dobbiamo accogliere.
Quello che ci chiede il Signore non è solo fare il bene.

Non è una cosa morale che ci sta dicendo il Signore, non basta questo. Noi dobbiamo aprire il cuore a lui che viene, a lui che è la via, la verità e la vita.

Lui è la risposta ai nostri bisogni e alle nostre domande più profonde.  È  un di più  che ci offre. Noi  dobbiamo chiedere questo di più che il Signore ci dà attraverso lo Spirito Santo. Non possiamo pensare che solo con le nostre forze tutto va bene.

Dobbiamo stare attenti perché rischiamo di metere al centro noi stessi, noi che siamo bravi, che condividiamo, che siamo rispettosi, e così  via; dobbiamo invece capire che siamo  deboli, che siamo vasi di creta e  abbiamo bisogno di quel di più che il Signore ci dona.

Chi ha fatto grandi cose nel mondo, l’ha fatto perché a un certo momento della sua vita ha capito che era poca cosa e che aveva bisogno dell’altro, dell’Altro con una gande A. La nostra piccola madre Teresa di Calcutta sapeva di non essere lei una cosa grande: ma ha fatto cose grandi perché il Signore era con lei, una matita nella mano di Dio.

 Quando, a Natale, ci metteremo lì in ginocchio davanti alla grotta, capiremo che è  nel piccolo che le cose cambiano. È questo: il dover abbassare la testa. La gotta ha questo bel significato, perché non ci posso entrare senza abbassare la testa. Ed è  questo tutto il senso della mia vita: abbassare la testa per vedere il più  piccolo; e perché quel più  piccolo, che è  nostro Signore,   possa fare con me grandi cose. La grotta ha questo bel significato:  io non ci posso entrare senza abbassare la testa.

Ed è questo tutto il senso della mia vita. Abbassare la testa per vedere il più  piccolo. È nel   piccolo che le cose cambiano. Ed è perché  questo più  piccolo, che è  nostro Signore, possa  fare con me grandi cose.  Noi abbiamo il cuore, noi confidiamo; ma confidiamo non nella nostra forza e nella nostra ricchezza, ma nella sua potenza e nel suo amore. .

Chiediamo in questi pochi giorni che ci avvicinano al Natale di poter veramente aprire questo cuore che ha bisogno di lui. Aprire e condividere quell’amore che lui ci vuole donare. Amen.

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