Ciò che ho di più caro, non è mio.

Sono passati quaranta giorni dal Natale e, come prescrive la legge di Mosè, il bambino, , se è primogenito maschio, viene presentato a Tempio. Quindi noi stiamo vivendo, cronologicamente, quello che sta succedendo al Bambino Gesù. Prima del Concilio Vaticano II, il tempo di Natale andava proprio fino al 2 febbraio, per questo in alcune famiglie c’è ancora la tradizione di tenere il presepe fino al 2 febbraio, proprio perché il tempo di Natale si concludeva con questa Presentazione a Tempio.
Con il Concilio Vaticano II, invece, vi ricordate, abbiamo celebrato il Battesimo di Gesù e si è concluso così il tempo di Natal: dopo quel giorno abbiamo tolto gli alberi di Natale, il presepe, eccetera.
Cosa ci racconta questo fatto? Loro, Giuseppe e Maria, seguono le regole, la Legge, e portano questo bambino al Tempio. E portando al Tempio questo bambino, incontrano Simeone e Anna che erano lì, in attesa.
E lì ci sono due cose importanti che vorrei dire, qualcosa di molto importante soprattutto per i papà e le mamme: questo episodio ci fa capire che la vita è sempre un dono! Ecco perché la Chiesa ci dice che non abbiamo nessun diritto sulla vita. Non siamo noi a decidere quando una vita si deve fermare.
La vita è un dono! E io mi devo ricordare sempre che i miei figli non sono la mia proprietà, sono un dono di Dio.
E di questo ce ne rendiamo conto quando diventano grandi e vanno via da casa. A quel punto ti ricordi che non sono tuoi.
Ma sappiamo che tante volte alcuni genitori continuano con un atteggiamento ricattatorio. Alle coppie che si prepariamo qui al matrimonio noi abbiamo detto che devono essere anche liberi! E che devono stare attenti a quella che può essere, certe volte, la presenza della mamma o del papà all’interno della coppia. Perché ci sono genitori che non accettano questo fatto che la vita è un dono, e che quel dono non è qualcosa su cui io posso fare quello che mi pare. È qualcosa che ho ricevuto, non che mi sono acquistato!
Questo episodio che abbiamo sentito ci ricorda, e lo ricorderete tutti, l’episodio di Abramo quando gli viene chiesto di sacrificare il figlio, Isacco. Lui prende coscienza lì che la cosa di maggior valore della sua vita, questo suo figlio, non è suo, ma del Signore!
Come sapete, alla fine c’è l’intervento di un angelo e che il sacrificio non c’è, perché Dio non chiede una cosa così terribile. Però Dio voleva far capire ad Abramo che quel figlio non gli apparteneva. E questo è importante per noi, importante nell’educazione dei nostri figli. Noi siamo qui per crescerli sotto gli occhi del Signore misericordioso.
La bellezza che abbiamo in mano non ce la dobbiamo tenere per noi. E questo vale per tutte le ricchezze che abbiamo, per tutti quei talenti, per tutta la bellezza che abbiamo dentro. La dobbiamo sempre offrire; e anche i nostri figli, che sono la cosa più bella che abbiamo, non ci appartengono, non dobbiamo tenerceli così strettì a noi. Ma sono un bene per l’umanità. E noi dobbiamo crescerli così, con quella bellezza che deve essere offerta.
Ricordiamoci sempre che il Signore ci insegna a donarci. Ecco perché viene detto, vedete, che Maria deve essere purificata. Certo, lì era la regola, per cui ogni volta che c’è la perdita di sangue la persona era impura.
Ma noi pure dobbiamo purificarci. Dobbiamo purificarci da questa tendenza a voler tenere tutto per noi, a voler conservare per noi la generosità di cuore. E’ questo che ci insegna il Signore.
Il donarci, il sacrificarci per l’altro. E’ questo che il Signore ci ha cercato di insegnare con la sua vita. Tutto è dono.
C’è un’altra cosa, dicevo, importante. Simeone e Anna, al Tempio, aspettavano, erano in attesa. Ho trovato una frase di Simone weil, la pensatrice francese, che scrive così: “Le cose più importanti del mondo non vanno cercate, vanno attese”.
Non vanno cercate, vanno attese. Anche il sapere attendere è importante. Noi siamo in un mondo in cui tutto deve arrivare subito, dove non posso aspettare.
Invece, come ci dice Simon weil, il più bello è proprio nell’attesa. Pensate a alla mamma che per nove mesi porta questa vita bellissima. Questa mamma è in attesa, si dice.
E oggi avremo la benedizione delle donne in attesa. Quanto è bello sapere aspettare. Non cercare, non voler subito tutto, ma sapere aspettare.
Ricordatevi quello che abbiamo fatto durante il periodo dell’Avvento, che è un periodo di attesa, di veglia. La nostra attesa non è un’attesa addormentata, come spesso succede nelle nostre comunità cristiane, ma la nostra attesa è un’attesa piena di speranza, proprio come la madre e il padre che stanno aspettando il nuovo figlio. È così per noi.
Noi cristiani abbiamo un’attesa grande dentro di noi, che è la speranza di incontrare un giorno il nostro Signore faccia a faccia. Questa è la nostra speranza. Noi siamo il popolo dell’attesa.
Noi siamo il popolo che ha un desiderio, un desiderio di vita grande, un desiderio di amore grande che noi abbiamo trovato in Cristo e che noi desideriamo incontrare personalmente. Ed è questo che muove tutta la nostra vita, è questa attesa, che con un’altra parola si chiama speranza. Perché noi oggi abbiamo accesso a una candela? Non è una candela magica, come qualcuno crede.
La candela è il segno della luce, della luce di Cristo, la luce che illumina la nostra vita. Cristo illumina la nostra vita, la illumina con le sue parole e con la sua vita.
E cosa ci dice questa vita di Gesù Cristo? Ci dà quella speranza grande. Quando Simeone dice ai genitori che sarà un segno di contraddizione, ma anche di resurrezione; ci sta dicendo che noi che siamo divisi nel cuore, non siamo mai sbagliati, possiamo sempre risorgere. Ed è questa la nostra grande speranza.
Ogni volta che cadiamo, possiamo rialzarci, non siamo sbagliati. Possiamo cadere, possiamo essere deboli, ma non siamo da condannare. La speranza che ci portiamo nel cuore è quella: di incontrare il giudice misericordioso che è Cristo, di incontrare lui faccia a faccia.
Noi siamo il popolo dell’attesa, noi siamo il popolo che ha un desiderio: un desiderio di vita grande, un desiderio di amore grande che noi abbiamo trovato in Cristo! Lui che desideriamo di incontrare personalmente! Ed è questo che muove la nostra vita! Questa attesa che si chiama speranza! Perché noi oggi abbiamo acceso la candela? La candela è il segno della luce di Cristo.
Sapete che il giubileo di quest’anno è il giubileo dei “pellegrini di speranza”. I cristiani sono i pellegrini di speranza. Sono quelli che camminano in questo mondo portando la speranza, la luce di Cristo.
Tornando a casa con questa candela, voi portate a casa la luce di Cristo, accendetela nei momenti di difficoltà, pregate con quella candela accesa che vi ricorderà che è Cristo la vostra luce. È lui il portatore di speranza e noi lo dobbiamo diventare.
La speranza, lui, noi ce la portiamo qua. Diventiamo realmente, uscendo da questa chiesa, pellegrini di speranza.