Vorrei iniziare con la seconda lettura, quella di San Paolo.
San Paolo va a evangelizzare, a fondare nuove chiese. Questa volta scrive a una delle chiese che ha fondato ai suoi Filippesi e dice che scrive con le lacrime agli occhi. Piange, perché vede una comunità che non si sta comportando come dovrebbe, che non sta seguendo il Signore. Certe volte questo accade.
Accade nella mia vita, quando mi rendo conto di non essere coerente, ma accade anche come pastore, quando vedo che la mia comunità non riesce ad aprirsi agli altri, quando i gruppi sono chiusi, quando non c’è attenzione per l’altro. Perché tutto questo, perché non c’è passione, perché non c’è fede, perché non crediamo che Gesù è il nostro Salvatore e la risposta alle nostre chiamate più profonde. Oggi la prima e seconda lettura ci dicono di alzare gli occhi. Nella prima lettura viene detto così: “ Dio disse ad Abramo guarda in cielo” e
San Paolo ci dice che la nostra cittadinanza, infatti, è nei cieli. Le letture di oggi ci chiedono di alzare lo sguardo e noi quando alziamo lo sguardo cosa vediamo? Vediamo il Signore.
Nel Vangelo i discepoli vengono portati sul Monte Tabor e su questo monte vedono la trasfigurazione di Gesù. Questa trasfigurazione, questo volto luminoso, noi quando lo vediamo? Lo vediamo nell’Eucaristia, lo vediamo su quest’altare, è questo il Monte Tabor per noi o è la Cappella quando facciamo l’adorazione.
Qui si rivela il nostro Signore, perché noi quello che adoriamo, quello che celebriamo, non è un Cristo morto, è il Cristo risorto, è un corpo vivo. È questo volto luminoso che noi vediamo davanti ai nostri occhi e noi dobbiamo essere toccati da questo volto che ci guarda, da questo volto, che noi accogliamo dentro di noi, ogni volta che facciamo la comunione.
Vedete Pietro cosa dice a Gesù?:” Facciamo tre tende, è così bello qui, rimaniamo su questo monte” e invece scendono, tornano alla vita di tutti i giorni.
Anche noi uscendo da questa chiesa, dovremmo essere diversi da come siamo entrati. Qualcosa cambia, perché siamo portatori di Cristo, perché abbiamo visto questo volto luminoso, perché quella luce illumina la nostra vita, perché non noi illuminiamo la nostra vita, ma è lui che la illumina. Noi portiamo agli altri questo Cristo luminoso, questo Cristo che ha illuminato la nostra vita, che dà senso alla nostra vita. Che senso ha la nostra vita. L’abbiamo sentito, lo dice Paolo nella sua lettera.
Se noi guardiamo a questo mondo, che cosa sono le cose che ci vengono proposte? Solo egocentrismo, solo guardare a sé, solo egoismo, solo violenza, perché tutto deve essere sullo schiacciamento dell’altro, sull’essere primo.
Questo è quello che vogliamo noi? Questa è la risposta che vogliamo dare a questo mondo?
Questo è quello che vogliamo insegnare ai nostri figli?
Gesù ci ha insegnato il contrario, Il suo volto luminoso è qui davanti a noi, ma cambia la nostra vita? Ci fa uscire diversi? Ci dà voglia di portare questa luce agli altri,
o siamo qui spettatori, o siamo qui nel nostro piccolo devozionismo che non porta a niente.
O la fede è vita, o non è fede, o la fede è incarnata, o non è fede.
È solo un bel luogo per ritrovarci. Trovarmi con i miei amici, con cui sto, che vedo, con cui cresco e dopo? Questo lo posso fare fuori, basta andare in un centro sociale e faccio la stessa cosa. Ma la fede è diversa, noi non siamo uniti qui per amicizia.
Noi siamo uniti qui per amore, per Cristo, perché Cristo ci ama e l’abbiamo riconosciuto,
e quell’amore lo vogliamo vivere con i nostri fratelli, dentro e fuori.
La trasfigurazione è questo.
Ecco perché viene dato all’inizio della quaresima. Sempre. Perché all’inizio della quaresima dobbiamo capire qual è il cammino che dobbiamo fare.
Noi dobbiamo salire sul monte. Noi dobbiamo vedere Cristo luminoso e noi dobbiamo uscire con quella luce.
Perché se noi non abbiamo questa luce nel cuore, se noi non abbiamo questa luce nella nostra vita, noi siamo qui solo a perdere tempo.
Potete fare tante altre cose belle la domenica. Non c’è bisogno di rinchiuderci in una chiesa. Se noi non guardiamo a questo volto.
Se noi non crediamo che questo volto possa cambiare la nostra vita. E’ questo che Paolo ci dice nella sua lettera. E’questo l’invito di Dio ad Abramo.
Uscire dalla sua terra per andare a terra nuova. E’ questa la vita nostra. E’ questa la nostra quaresima.
E’ questo il cammino del cristianesimo. Uscire dalla nostra terra. Uscire da tutto quello che ci tiene fermi e noi tante volte siamo fermi. Completamente paralizzati. Comunità chiuse che non sanno aprirsi agli altri.
Questo è, giovani che non vogliono andare con gli altri. Gruppi di famiglie che non si aprono agli altri. Persone che credono che il loro servizio è solo loro perché è potere.
Questo non è cristianesimo. Questo non è essere credenti.
Questo è il credere che noi dobbiamo difendere solo il nostro piccolo, ma questo non è il credere di Gesù Cristo. Questo non è Gesù Cristo.
Gesù Cristo è ben altro. Si apriva all’altro. Sapeva amare.
Illuminare la vita degli altri, è questa la nostra chiamata. Se noi pensiamo di iniziare la quaresima e crediamo che basta saltare un pasto, non mangiare la carne e fare una preghierina in più, questo è fare il cammino di quaresima, non abbiamo capito niente. Perché vedete, quando i discepoli stanno dormendo, viene detto che stanno guardando a Gesù nell’esodo ed Elia e Mosè stanno conversando, ci dice la scrittura, con Gesù nel suo esodo verso il Gerusalemme, cioè la sua passione, la sua morte e la sua Risurrezione. E’ questo e noi dobbiamo passare da questo, ogni cristiano deve passare dalla sua passione, per arrivare alla sua resurrezione e finchè non passeremo lì, finchè non moriremo a noi stessi, non avremmo camminato, non avremmo fatto il nostro esodo, non saremmo passati in quel deserto che dovrebbe essere la quaresima. I nostri quaranta giorni di deserto. E’ questa è la chiamata.
Noi dobbiamo uscire da quei diversi, avendo incontrato Cristo Risorto, questa è la nostra chiamata.
Fermi, i cristiani non lo sono mai. Ascoltiamo la sua parola, come siamo stati invitati in questo Vangelo.
In questo Vangelo il Padre dice: Questi è il mio figlio l’amato. L’amato. Ascoltatelo. Amen.